Vivere di parole nel 2023. L’esperienza del giornalista Valerio Musumeci (e quel legame con la provincia di Enna)
Enna-Provincia - 07/05/2023
Valerio Musumeci è nato a Catania trent’anni fa. Giornalista professionista, ha scritto per diverse testate prima di approdare a FocuSicilia, quotidiano online che riesce a raccontare l’economia della nostra Isola in modo semplice, senza rinunciare all’approfondimento. Al mestiere di giornalista, Musumeci affianca quello di autore. A partire dal 2015 ha pubblicato alcuni libri, spaziando dal saggio al romanzo. Oggi ho il piacere di rivolgergli alcune domande, per conoscere meglio la sua storia professionale e intellettuale, che gli ha permesso di essere tra le “nuove leve” del giornalismo regionale. E che incrocia la provincia di Enna, come spiega nel corso dell’intervista.
Pochi giorni addietro si è celebrata la Giornata mondiale della libertà di stampa. Reporters Sans Frontières descrive una situazione critica a livello internazionale, e l’Italia si posiziona al 41esimo posto su 180 Paesi oggetto dello studio. Tu, così giovane, perché hai scelto questo mestiere “difficile”?
Da bambino scrivevo dei giornalini e poi chiedevo alla nonna di rilegarli con ago e filo. Più tardi, ragazzino, spendevo la paghetta comprando ogni mattina i giornali (almeno un paio, per sentire più campane), che con la crisi dell’editoria iniziavano a costicchiare. A vent’anni ho aperto un blog che mi divertivo a costruire come un giornale. Insomma direi che si tratta della classica passione innata.
Un consiglio per i giovani che volessero seguire il tuo percorso?
Io stesso sono un giovane a inizio carriera e non ho consigli da dare su un mestiere che si impara facendolo, giorno dopo giorno. Forse direi di tenere presente che oggi il giornalismo è un contesto abbastanza ristretto e con poche risorse a disposizione, quindi può apparire respingente per chi voglia entrare da fuori. Detto ciò è un lavoro con caratteristiche uniche, con risvolti sociali considerevoli, dove non ci si annoia mai.
Oltre a essere un giornalista, hai scritto alcuni libri
Verso i sei anni mia madre mi regalò Viaggio al centro della terra di Jules Verne, e da allora non ho smesso di leggere. Quanto alla scrittura, una decina di anni fa ho pubblicato un pamphlet, esperienza molto interessante. In seguito ho partecipato a un saggio collettivo e da ultimo ho scritto un romanzo, Agata rubata, edito da Bonfirraro. Una storica casa editrice siciliana con sede nella provincia di Enna, che ringrazio per il supporto.
C’è qualcosa che ti lega a questa provincia?
La famiglia di mio nonno paterno viene da Leonforte, e la strada in cui abitava si chiama via Musumeci. È una strada stranissima, concepita come una scalinata, e anche se non ci ho mai abitato ne avverto il fascino. A Leonforte andavo da bambino, con mio nonno, a trovare dei parenti. Oggi ci vado a trovare lui che riposa lì. Per il territorio ennese provo una certa nostalgia, “nostalgia delle cose non vissute”, avrebbe detto Pessoa. Sembra una citazione per fare lo splendido, ma è davvero quello che sento quando ci vado.
In Sicilia si legge abbastanza?
No. Secondo l’Associazione italiana editori legge solo un cittadino su quattro, e “leggere” vuol dire aver letto un libro non scolastico in un anno, compresi i libri di cucina e i manuali di aerobica. Se guardiamo a chi ha letto almeno tre libri, le percentuali scendono ancora. Non parliamo di chi ne ha letti 12, cioè uno al mese.
In compenso ci sono molti scrittori
A conti fatti, accedere al circuito delle case editrici “importanti” non è difficile come sembra. Però se chiedessimo agli autori che pubblicano con le major il numero delle copie vendute, e soprattutto quali siano i loro guadagni, avremmo delle sorprese.
Quale sarebbe la risposta?
Sarebbe che vendono poco, e che per vivere hanno bisogno ciascuno di una professione diversa da quella dello scrittore. Coloro che in Italia vivono dei propri libri – cioè ci pagano l’affitto, le bollette e gli svaghi – si contano sulle dita di poche mani.
Lo scrittore italiano che apprezzi di più?
Ultimamente ho letto La città dei vivi di Nicola Lagioia, che mi ha fatto una grande impressione. Forse perché rientra in un filone, il cosiddetto “no-fiction”, dove il confine tra giornalismo e letteratura diventa sabbioso, si confonde continuamente. Di questi romanzi ce ne sono parecchi nella letteratura americana: su tutti, A sangue freddo di Capote. Ma anche Italia abbiamo avuto una maestra del genere, Oriana Fallaci.
E tu? Più scrittore o più giornalista?
Sono un giornalista che ha scritto un paio di libri e probabilmente ne scriverà altri. Se posso dare una piccola notizia, a giugno uscirà un volume, sempre per i tipi di Bonfirraro, al quale lavoro da circa due anni. Una storia del Novecento e dei primi anni Duemila attraverso le parole di un protagonista della vita politica e culturale siciliana e nazionale. Come si dice in questi casi, non posso aggiungere altro. Ma posso dire che si parla anche della nobile provincia di Enna.
Michele Schillaci