Liberi consorzi, la proroga della Regione ed il “silenzio” del Governo nazionale

Il concetto dello Stato di diritto presuppone che l’agire dello Stato sia sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti. In forza di tale assunto, che storicamente ha segnato la fine dell’assolutismo, lo Stato sottopone se stesso al rispetto delle norme di diritto.

Il comportamento del Cdm

Se così è, non si comprende come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nelle seduta del 4 agosto scorso, possa non avere impugnato la legge n. 6 del 5 luglio scorso attraverso la quale l’ARS deliberava di prorogare ancora una volta – fino al 31 dicembre 2023 – i commissari dei liberi consorzi e delle città metropolitane.

Ammesso che si possa impugnare ad intermittenza leggi regionali aventi il medesimo
contenuto, il Governo centrale non poteva certamente “sorvolare” in presenza di una sentenza della Corte costituzionale (n. 136/2023) che proprio nei giorni scorsi aveva censurato il comportamento disinvolto del legislatore siciliano nel mantenere gli enti di area vasta sprovvisti degli organi di governo di 2° grado.

La Suprema Corte

La Corte costituzionale, nell’affermare che la Regione “In assenza di qualsivoglia ragione, consolida, prolunga e aggrava la situazione di sostanziale disconoscimento degli obblighi contenuti negli artt. 5 e 114 Cost. che caratterizza l’assetto delle autonomie locali in Sicilia ormai da numerosi anni” così concludeva: “A tale situazione deve essere posto rimedio senza ulteriori ritardi, attraverso il tempestivo
svolgimento delle elezioni dei presidenti dei liberi Consorzi comunali e dei Consigli metropolitani, affinché anche in Sicilia gli enti intermedi siano istituiti e dotati dell’autonomia loro costituzionalmente garantita, e si ponga fine alla più volte prorogata gestione commissariale”.


In tale contesto, in cui sono le medesime Istituzioni ad aggirare lo Stato di diritto, con quale autorevolezza si può chiedere ai cittadini il rispetto delle regole e del patto di fedeltà alla Repubblica?

Massimo Greco