Mafia nel Dittaino, torna al lavoro l’imprenditore Martorana

E’ tornato al lavoro, per portare avanti la sua azienda, specializzata nella commercializzazione di materiali edile, Antonino Martorana, coinvolto nell’ottobre scorso nell’operazione antimafia denominata Stiela su mafia, estorsione, usura e riciclaggio nella valle del Dittaino.

Il difensore dell’indagato, l’avvocato Lorenzo Caruso, ha presentato una istanza al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta per consentire al suo assistito di occuparsi della sua azienda. Il giudice ha accolto la richiesta del legale e così Martorana, dal lunedì al venerdì, è libero di lavorare senza alcuna limitazione.

L’accusa di riciclaggio

L’imprenditore, tra i sette arrestati dai carabinieri si trova attualmente ai domiciliari: secondo la ricostruzione dei magistrati della Procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, Martorana, su cui pende l’accusa di riciclaggio, avrebbe emesso fatture per coprire una estorsione ai danni di un imprenditore. Una tesi respinta dall’indagato che, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, davanti al gip, nelle ore successive all’emissione della misura cautelare, ha negato ogni addebito.

Gli altri indagati

Tra gli altri indagati, spicca certamente Sebastiano Gurgone, indicato dalla Dda come il capo della famiglia di Valguarnera, gli altri sono Sebastiano Calcagno, 34 anni, Giuseppe Scibona, 70 anni, Cristoforo Scibona, 45 anni, tutti residenti a Valguarnera.

Tra questi, finiti in cella, solo Giuseppe Scibona difeso dall’avvocato Filippo Arena, ha avuto l’attenuazione della misura con i domiciliari. Nella rete dei militari anche Filippo Greco, 63 anni, indagato per il delitto  di assistenza agli associati, ed, infine, di Rosario Catalano, 84 anni, indagato per il reato di usura.

L’inchiesta della Dda

Nell’inchiesta della Dda emerge una presunta pressione estorsiva ai danni di importanti attività produttive della Valle del Dittaino, “sistematicamente vessate al fine di lucrare prevalentemente somme di denaro, sintomo del  perdurante assoggettamento di alcuni operatori economici di quella zona” spiegano gli inquirenti.

Il ruolo di Gurgone

In particolare, Gurgone, a partire dalla sua scarcerazione, avrebbe attuato strategie delittuose volte alla riscossione del “pizzo” con l’indispensabile complicità, secondo i gravi indizi ritenuti dal GIP, di Calcagno,  Cristoforo e Giuseppe Scibona, ricevendo con cadenza annuale, somme di denaro da parte di due imprenditori della Valle del Dittaino. Il presunto sodalizio facente capo a Gurgone avrebbe  avuto la disponibilità di armi, da utilizzare all’occorrenza per perseguire gli scopi illeciti, alcune delle quali detenute da diversi anni, perché sarebbero già appartenute a Domenico Calcagno.