Il servizio dei rifiuti e i nodi del Comune di Enna

La mancata approvazione della delibera con la quale il Consiglio comunale avrebbe dovuto riaffidare alla società in house il servizio cittadino di gestione dei rifiuti sarà oggetto della riunione dei capi gruppo consiliari indetta per stamane dal Presidente del Consiglio comunale Gargaglione. Sono almeno quattro i nodi da sciogliere e sarebbe più che opportuno che tali nodi venissero sciolti da un’Autority statale che abbia l’autorevolezza per farlo (ANAC, Corte dei Conti, Antitrust).

Le modifiche allo statuto della società

Il primo è quello delle modifiche statutarie disposte unilateralmente dall’assemblea societaria all’insaputa del Consiglio comunale. Alcune di questa modifiche hanno, addirittura, esautorato alcune attribuzioni che lo statuto societario riconosceva al Consiglio comunale.

Il secondo è quello del “controllo analogo”, cioè di quel requisito che la normativa vigente ritiene indispensabile per giustificare il mancato ricorso al mercato concorrenziale per la gestione di un servizio pubblico a rilevanza economica. Si è infatti scoperto che non solo tale strumento di controllo non è stato mai attivato dal Comune nei confronti della propria partecipata, ma non è stato neanche formalmente previsto e disciplinato.

Il fallimento delle partecipate del Comune

Il terzo è quello del mantenimento di una società in house in presenza del decretato fallimento delle due partecipate “Sicilia Ambiente” ed “EnnaEuno”. La normativa prevede infatti il divieto di tale mantenimento a titolo sanzionatorio per quei Comuni che non hanno impedito il fallimento di una società precedentemente partecipata per la gestione del medesimo servizio.

L’ambito territoriale non ottimale

Il quarto è quello della indimostrata vantaggiosità economica a fronte di un piano economico-finanziario basato su un ambito territoriale non ottimale, qual è quello cittadino. A fronte di una buona percentuale di raccolta differenziata, le ragioni della mancata riduzione del costo del servizio (giunto a 6 milioni di euro) derivano dall’impossibilità di generare economie di scala in un ambito territorialmente troppo piccolo e come tale non ottimale. La legge regionale che ha consentito nel 2013 la frammentazione degli ambiti territoriali ottimali ha ormai i giorni contati.

Il quesito per l’Autority

Poichè il Consiglio comunale è tenuto a specificare concretamente le ragioni del mancato ricorso al mercato, illustrando i benefici per la collettività del mantenimento della gestione in house su investimenti, qualità e costi dei servizi, nonché rispetto agli obiettivi di universalità, tutela dell’ambiente e accessibilità dei servizi, sarebbe più che opportuno, orientare la propria azione politico-amministrativa solo all’esito di un parere che dovrà essere esaustivamente richiesto ad una delle citate Autority.

Massimo Greco