Lavoro, un laureato su due è a spasso

“In cinque anni in Sicilia il divario tra formazione terziaria e sbocco lavorativo è quasi raddoppiato: nel 2019 le imprese faticavano a trovare un laureato su tre posti di lavoro offerti, adesso la difficoltà è salita a uno ogni due. E un laureato su due, così, è a spasso”.

I dati sui laureati

Lo afferma Maurizio Adamo, presidente della Consulta regionale dei consulenti del lavoro, in vista del convegno di lunedì prossimo allo Steri sull’orientamento universitario. Adamo spiega: “Da un lato ci sono troppo pochi laureati (quasi il 30% dei giovani fra i 25 e i 34 anni, contro la media europea del 42%); ma, dall’altro lato, pesa una preparazione spesso non legata alle esigenze delle imprese, unita alla mancanza di esperienza pratica. Ne consegue che, come calcola Almalaurea, a un anno dalla laurea, a parità
di ogni altra condizione, i laureati che risiedono al Nord o al Centro hanno, rispettivamente, il 32,1% e il 12,7% di probabilità in più di trovare un’occupazione rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno”.

Lo spopolamento

E così, è questo un altro parametro dello spopolamento che in questi ultimi anni sta interessando le aree interne, tra cui quella Ennese.

Cambiare i corsi di laurea

Per il presidente regionale della Consulta “occorrono, dunque, corsi di laurea sempre più incentrati sull’interdisciplinarità, per tenere conto della grande complessità e velocità di cambiamento che il mercato del lavoro sta vivendo in questo periodo storico. I corsi di laurea, in particolare, vanno sempre più intesi come percorsi che devono andare oltre la mera preparazione tecnico- scientifica, ampliando i propri orizzonti verso tematiche talvolta lontane dall’attuale contenuto formativo. Infatti, il Bollettino Excelsior di Unioncamere e Anpal ha messo in luce il fatto che tra le competenze più richieste dalle
imprese per gli ingressi del 2023 in Sicilia, si annoverano la flessibilità e l’adattamento, la capacità di lavorare in gruppo, le competenze digitali, linguaggi e metodi matematici e informatici, le tecnologie 4.0, il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, il problem solving”.

La formazione

“Per investire sull’adeguamento della formazione – conclude Alessi – occorrono risorse, ma in Sicilia si avverte un forte squilibrio, dato che la maggior parte dei fondi europei, nazionali e regionali è destinata a incentivare l’offerta di lavoro (assunzioni) piuttosto che a sostenere una più adeguata preparazione dei candidati che li renda più occupabili attraverso tirocini in azienda e aggiornamento delle competenze. Il risultato è che, secondo i calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, si batte solo sugli
sgravi contributivi, ma su 100 assunzioni incentivate solo il 35,5% risulta ancora attivo dopo tre anni”.

Il divario tra i laureati italiani e quelli degli altri paesi europei, come riportato nel testo fornito, si evidenzia nel fatto che quasi il 30% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni possiede una formazione terziaria (ovvero ha completato studi universitari), contro la media europea che si attesta al 42%. Questo dato mostra che in Italia la percentuale di laureati è inferiore rispetto alla media degli altri paesi europei.

Ci sono meno laureati in Italia rispetto ai paesi Ue

Se si raffronta il dato sui laureati, su scala nazionale, emerge un’altra situazione difficile, come descritto in un dossier della Uil. L’Italia resta indietro, e lo è di molto, guardando al livello di istruzione. A soffrire è l’intera penisola, seppur con alcune differenze, confermando un gap ampio con il resto d’Europa: il nostro Paese è al penultimo posto Ue per quota di 25-34enni in possesso di un titolo di studio terziario (diploma di tecnico superiore, diploma accademico, laurea o dottorato di ricerca). Eppure, il livello di istruzione è un fattore importante per la partecipazione al mercato del lavoro.

Una panoramica sui laureati italiani

Secondo questo rapporto della Uil, in Italia, nel 2021, i 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario sono il 26,8%, una percentuale nettamente inferiore alla media Ue27, che raggiunge il 41,6%. Parliamo di una quota che, negli ultimi anni, è rimasta pressoché invariata, quando invece l’obiettivo europeo è raggiungere il 45% entro il 2030 nella classe 25-34 anni, come definito nella risoluzione del Consiglio sul “Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione”.

Le ragioni del gap con l’Europa

“Le ragioni di un gap che appare difficile da colmare sono molteplici. Una di queste si può individuare nella disponibilità limitata di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, erogati dagli Istituti Tecnici Superiori, che sono invece particolarmente diffusi in molti paesi europei, ad esempio in Francia e Spagna, dove rappresentano una fetta considerevole dei titoli terziari conseguiti” si legge nello studio della Uil

Il contesto familiare è un altro fattore associato al conseguimento di un titolo di studio ed è determinante per il raggiungimento di più elevati livelli di istruzione. Nelle famiglie con almeno un genitore diplomato, infatti, la quota di figli 30-34enni in possesso di un titolo terziario si ferma al 39,3%, mentre sale al 70,1% quando almeno un genitore è laureato