Il Generale Vannacci e la neutralità dell’Esercito intaccata

L’entrata del Generale Vannacci nell’agone politico, attraverso il suo noto libro prima e l’accettazione della candidatura per il rinnovo del Parlamento europeo dopo, si è caratterizzata per l’originalità del suo pensiero, inconsapevolmente proiettato dai media nel podio dei saggisti più letti. I difensori del Generale hanno puntualmente fornito al graduato militare l’ombrello protettivo dell’art. 21 della Costituzione, per il quale “ogni persona ha il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero”.

Le limitazioni della Costituzione

Poco e niente si è invece dibattuto su un altro articolo della Costituzione le cui corde, invero, potrebbero vibrare un pò di più. L’art. 98, comma 3, della Costituzione abilita infatti il legislatore a stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari
ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero.

Se è certamente vero che, in linea generale, anche i militari di carriera in servizio attivo debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino, non può però negarsi che le funzioni esercitate da un Generale dell’Esercito in forza della qualifica rivestita, non sono indifferenti e prive di effetto per l’ordinamento costituzionale, al fine di stabilire i limiti che possono essere opposti all’esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo.

Tali limiti sono giustificati sia dalla particolare qualità e delicatezza delle funzioni esercitate, sia dai principi
costituzionali di indipendenza e imparzialità che le caratterizzano. Il Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al DPR n. 90 del 2010, riferiti ai “doveri attinenti al grado”, dispone che “Il militare deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche”, con la precisazione che, quando è investito di un grado, “deve essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l’esempio agevola l’azione e suscita lo spirito di emulazione”.

La neutralità

Peraltro, il grado di “Generale” corrisponde, anche agli occhi dell’opinione pubblica, ad una posizione apicale, dalla quale è possibile esercitare un comando sugli uomini e un controllo sui mezzi particolarmente efficace, data la struttura gerarchica dell’Esercito. Il fatto che un determinato messaggio di natura politica provenga da un Generale ancora in servizio, piuttosto che da un Ufficiale di rango
inferiore, ha un’incidenza maggiore sull’immagine di neutralità delle Forze Armate, perché chi lo ascolta può essere più facilmente indotto a ritenere che esso sia condiviso dall’intera Organizzazione militare o da una parte significativa di essa.


In sostanza – e senza scomodare la moglie di Cesare che non deve essere neppure sfiorata dal sospetto – per non incorrere nella violazione del citato Testo Unico il Generale Vannacci non solo dovrebbe essere, ma anche apparire neutrale rispetto alla competizione tra partiti politici, atteso altresì che la condotta posta in essere dallo stesso, pur inidoneo a comportare un sostanziale e fattivo schieramento del
Corpo militare di appartenenza a sostegno dell’una o dell’altra compagine, appare tale da ingenerare nell’opinione pubblica, o in una parte significativa di essa, la convinzione (errata) che questo sia coinvolto nella dialettica politica.