Lettere a ViviEnna, “i 107 anni della nascita di Lisacchi”

Alla rubrica “Lettera a ViviEnna” ha scritto Francesco Paolo de Leo che ricorda l’anniversario della nascita di Giacomo Lisacchi, giovane bersagliere ennese caduto a Rovereto (Trento)  nel 1943 ucciso dai tedeschi. 

Vorrei raccontare la storia di un uomo, come altri, pronto a combattere per rendere onore alla patria, ma che oggi nessuno ricorda. Dimenticato come tantissimi colleghi. Durante la notte tra l’8 e il 9 settembre del ’43 un giovane bersagliere Giacomo Lisacchi era in servizio di ronda di perlustrazione fuori dal Comando di presidio della Caserma Battaglione Alpini Edolo, in contrada Sant’Ilario a Rovereto, in provincia di Trento, quando venne sorpreso da uno spietato nucleo armato di soldati tedeschi. In seguito alle intimazioni di resa e di consegna delle armi, lui reagì e combattendo invano cadde sotto i colpi del nemico trovando l’eroica morte.

Il bersagliere dell’ VIII Reggimento ciclisti partì da Villapriolo, un piccolo paesino dell’entroterra siciliano, in provincia di Enna. Fu chiamato a soli 25 anni, a prestare servizio per difendere la patria, lasciando i suoi cari e non sapendo ancora a quale destino andava incontro e alla tragica e prematura morte. Nel paesino visse la sua gioventù con la moglie Angelina, i genitori, la sorella Teresa e i fratelli Pietro e Francesco. Anche loro provati gravemente dalla guerra: Pietro divenne cieco mentre Francesco fu ferito gravemente a una gamba.

Le sue spoglie per volere della famiglia, rientrarono da Rovereto nel piccolo cimitero di Villapriolo solo nel 1962, dove riposano tutt’oggi. Per molti anni il giovane eroe non venne ricordato per il suo eroico gesto. Poi è stato meritatamente premiato con la medaglia d’argento alla memoria. Ma spesso questi atti eroici vengono dimenticati e ricordati solo nelle ricorrenze del 25 aprile.

Ci sono guerre che sembrano non finire mai, non solo quelle combattute sui campi di battaglia, ma quelle che si annidano nella memoria di chi rimane. La memoria è fragile, e dimenticare è fin troppo facile. Ma è nel raccontare, nel rivivere queste storie che possiamo, almeno per un momento, onorare quei giovani che, come Giacomo, scelsero di resistere, e che, come Nino, sopravvissero abbastanza per raccontare. E noi? Noi rimaniamo, sotto lo stesso cielo stellato, con il dovere di ricordare.