Sicilia. Sei tartarughe riabilitate sono state restituite al mare

TRAPANI – Dopo cure e riabilitazione, sono state restituite al loro habitat naturale le sei tartarughe marine (Caretta caretta) trovate circa sei mesi fa in stato di sofferenza nelle acque di Siracusa, Ragusa, Palermo e Messina e consegnate, poi, al Centro regionale di recupero di Comiso (Ragusa) gestito dall’associazione onlus “Fondo siciliano per la natura”. Agli esemplari sono state applicate targhette per riconoscerle in caso venissero ritrovate e per monitorarle nei loro spostamenti.
Le tartarughe, che avevano ingerito ami e materiale inquinante, sono state liberate sulla spiaggia di Guidaloca, a Scopello (Comune di Castellammare del Golfo-Trapani), sotto il controllo di una motovedetta della Capitaneria di Porto. Nonostante si tratti di tartarughe “comuni” , è uno dei rettili più a rischio di estinzione, tanto da essere protetto da numerose direttive internazionali e comunitarie. Negli ultimi trent’anni, nei mari italiani, ne sono state uccise oltre 24mila per diverse cause: dalla cattura accidentale nelle reti, all’ingestione di strumenti da pesca, al degrado dei litorali che inibiscono la deposizione delle uova.
L’assessore all’Agricoltura, Michele Cimino, ha spiegato che “rispetto al Paese, la costa siciliana rappresenta un’area determinante per la conservazione di questi rettili. I più importanti e conosciuti siti di nidificazione si trovano, infatti, lungo il litorale sabbioso della costa meridionale, nelle isole Pelagie, a Linosa e a Lampedusa, dove quest’anno sono stati osservati quattro nidi che hanno dato esiti positivi”.
Di recente il ministero dell’Ambiente, di concerto con tutte le regioni costiere italiane, ha elaborato un Piano di azione nazionale per la conservazione delle tartarughe marine (Patma), che sarà operativo tra un paio di mesi, dopo la firma di un protocollo. Il Piano, cha ha riscontrato grande consenso, nel corso delle varie convocazioni da parte del ministero, “sarà – ha continuato Cimino – il documento di riferimento dei soggetti istituzionali e privati coinvolti che, attraverso un programma condiviso, potranno coordinarsi sulle attività da mettere in campo destinate alla salvaguardia e alla limitazione dei fattori che mettono a rischio questi animali”.
In Sicilia, aderiranno al Piano alcune associazioni ambientaliste, l’università, il Cnr (Centro nazionale ricerca), la Capitaneria di porto, il Cites (l’ufficio regionale del Corpo forestale che si occupa del commercio e della detenzione delle specie di flora e fauna protette) e le Aree marine protette. La rete di questi soggetti sarà coordinata dall’Osservatorio faunistico siciliano che fa capo al dipartimento Interventi strutturali dell’assessorato all’Agricoltura.
“Il risultato di oggi rientra – ha detto Rosaria Barresi – nel quadro dei programmi che l’Osservatorio faunistico siciliano promuove ogni anno per la conservazione della fauna selvatica e per il miglioramento degli habitat. Il bacino del Mediterraneo, per gran parte della sua fauna, rappresenta un unico grande ecosistema; le tartarughe compiono spostamenti notevoli, di conseguenza diventa fondamentale l’impegno nella salvaguardia e nella tutela sia delle specie che degli ambienti marini”.
I Centri siciliani di recupero della fauna selvatica sono riconosciuti e autorizzati dall’assessorato regionale Agricoltura e Foreste e operano secondo quanto prevede la legge regionale 33 del 1997 sulla tutela della fauna selvatica e sul prelievo venatorio allo scopo, con l’obiettivo di restituire alla natura gli animali selvatici in precarie condizioni di salute, dopo averli curati e riabilitati.

Stefania Sgarlata