Enna. Portare altrove l’amianto dall’ex Miniera di Pasquasia
Enna-Cronaca - 22/01/2010
Enna. La Quarta commissione consiliare della Provincia condivide l’ipotesi di trasferire l’amianto della miniera di Pasquasia presso altro sito. La Commissione, presieduta da Francesco Costanza, si è riunita per valutare il lavoro di quella speciale, istituita per discutere le complesse questioni legate alla bonifica del sito minerario e indicare le possibili soluzioni per garantire sicurezza del territorio e salute della popolazione. Il presidente della commissione speciale Giuseppe Regalbuto ha illustrato l’attività finora svolta che ha già portato al risultato di attivare i procedimenti necessari alla bonifica dall’amianto. Regalbuto ha chiarito che la commissione opera su tre fronti: controllo delle sostanze inquinanti presenti in superficie e ottenere la bonifica. Valutare le possibilità di una riapertura della miniera a fini estrattivi o comunque di una destinazione anche turistica. Fare chiarezza, se e fin dove è possibile, su oltre 20 anni di misteri mai svelati su quello che è contenuto nelle viscere della miniera. Al momento il primo problema che si pone è quello dello stoccaggio dell’amianto, dopo che questo sarà sigillato per evitare la dispersione delle pericolosissime fibre, che purtroppo da anni avviene. L’ipotesi di lasciare i “sarcofagi” contenti le lastre di cemento amianto nell’area della miniera non trova condivisione e la stessa Commissione consiliare appoggia il trasferimento presso i centri esistenti al Nord Europa anche se i costi per questa operazione ammontano, da una prima stima, ad oltre 7 milioni di euro. Intanto si riaccende il dibattito su Pasquasia e sulle vicende mai chiarite delle scorie nucleari che vi sarebbero state nascoste dalla mafia e sull’ipotesi che il Governo l’abbia individuata quale centro unico nazionale di stoccaggio di materiali radioattivi. Dopo la bonifica del 2001, con la quale si eliminarono i fusti di cloruro ferrico ed oli esausti, non sono stati resi noti gli esiti degli accertamenti disposti all’epoca sulla capacità di “schermatura” del bunker di cemento all’interno del quale è conservato il “cesio 137” altamente radioattivo utilizzato nel processo di lavorazione dei sali potassici che, si temeva, potesse avere contaminato falde acquifere e suolo. Dichiarazioni rassicuranti sul bunker vennero rese dall’assessorato regionale all’Industria e dall’Enea che nel febbraio 2001 affermò che il bunker era “adeguatamente schermato, con accesso controllato al fine di assicurare all’esterno un livello di radioattività inferiore allo standard normativo previsto”. La rilevazione delle emissioni però non venne indicata. All’epoca l’Enea spiegò di svolgere su Pasquasia una “campagna di acquisizione di dati geomorfici in profondità con prelievo di campioni di argilla”. Non è però stato chiarito un episodio risalente a tre anni prima, quando nel ’97, la Dda nissena dispose un’ispezione nella galleria utilizzata dall’Enea. Fu necessario un lungo lavoro per rendere accessibile la galleria, all’interno della quale i magistrati trovarono solo centraline di rilevamento lasciate dall’Enea che non si capì cosa avessero “rilevato”. Oggi si pensa alle prime indagini scientifiche finalizzate allo stoccaggio delle scorie radioattive. La Dda indagava allora sulle rivelazioni del pentito Leonardo Marino, secondo il quale rifiuti tossici erano stati seppelliti dalla mafia nelle gallerie. Il pentito indicò perfino le targhe dei mezzi sui quali sarebbero arrivati i fusti con le scorie, ma ispezionare le gallerie non fu possibile perché gli accessi risultarono chiusi.
Giulia Martorana
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Leggo sulla Vostra testata delle polemiche scoppiate in merito alla conduzione ed ai risultati della Commissione Pasquasia, insediata presso la Provincia Regionale di Enna su volontà del Consiglio provinciale.
Quale componente della stessa Commissione penso mi corra l’obbligo di intervenire pubblicamente su alcune delle cose dette dai Consiglieri Malfitano e Regalbuto e questo non per alimentare le polemiche stesse, che di questo non mi pare il territorio abbia bisogno, ma per dare diversa immagine del lavoro sinora compiuto.
In particolare, chiarisco subito che la Commissione ha sinora recuperato una grande mole di documenti provenienti dai diversi enti che nel tempo ed a vario titolo si sono occupati della Miniera di Pasquasia, da questi documenti emerge certamente una prima linea storica sino ad oggi non così chiara, che ha portato da un lato alla chiusura della miniera e dall’altro alla nascita di diverse tornate di allarme sociale che pesano enormemente sulla tranquillità delle nostre popolazioni.
Se si volesse dare una sintesi della stessa lunga e complicata cronistoria, limitandosi ai fatti maggiormente salienti, potremmo evidenziare i seguenti:
1986: L’ENEA, a miniera aperta e produttiva, iniziava uno studio sulla capacità della locale formazione geologica a contenere scorie nucleari a bassa media ed alta attività.
Tale studio, realizzato in una galleria scavata appositamente in perpendicolare alla discenderia principale, prevedeva l’aumento della temperatura sulla volta con termofori simulanti il calore sviluppato dalle scorie stesse.
L’allarme suscitato da questo studio nella popolazione locale, non solo ennese ma di tutto il comprensorio, allarme culminato in diverse manifestazioni ad Enna ed a Roma, finì per far bloccare il progetto stesso con provvedimento del Ministero dell’Industria, allora diretto dall’On. Zanone.
La miniera continuò ad estrarre ed anzi, nei primi anni novanta l’intero impianto divenne oggetto di un cospicuo finanziamento ( 30.368.000.000 di Lire) mirato all’espansione delle capacità estrattive ed industriali.
Nel Luglio del 1992, a seguito di una sentenza del Tribunale di Enna, l’Italkali chiude repentinamente gli impianti consegnandoli nel 1995 al Corpo Regionale delle Miniere. Al momento della consegna gli impianti, ad eccezione dei comparti di profondità, risultano essere in condizioni generali buone.
Proprio in questi anni, si riaccende l’allarme scorie, a seguito della deposizione di un collaboratore di giustizia nisseno, Leonardo Messina, che dichiara che il sito fu utilizzato illecitamente per il confinamento di rifiuti tra i quali rifiuti radioattivi.
Ovviamente l’Opinione Pubblica, peraltro gravata da una incidenza anomala di neoplasie si schiera a favore di una seria indagine sul sito.
Da allora, con il sottosuolo tombato ed inaccessibile, il sito rimane sotto stretta sorveglianza, almeno nell’area principale, e si avvia un iter di controllo che conduce al ritrovamento ed al confinamento di alcuni quantitativi in barre di Cesio 137 utilizzato per il funzionamento delle bilance radiometriche pertinenti all’impianto di estrazione e lavorazione dei Sali potassici.
Tra alti e bassi l’allarme Pasquasia rimane alto anche a causa di una persistenza di interesse verso il sito da parte di diversi consessi scientifici e tecnici che si occupano di “Waste management” del nucleare, non mi dilungo su questo ma basterà ad ogni lettore sbirciare su internbet per trovare diverse citazioni di Pasquasia ma anche di altri sitoi ennesi “appetibili” per la creazione di depositi definitivi di scorie nucleari.
L’Enea, chiamata a chiarire in sede europea la posizione dell’Italia circa la costruzione di un sito unico nazionale per il decommissioning deiu rifiuti nucleari chiarisce che, in ragione della consistenza minima degli stessi rifiuti, la nazione propende per la esportazione degli stessi al di fuoiri del territorio italiano (Setting Out Basic Obbligations and General Principles on the Safety of Nuclear etc IAEA).
Nel 2008, una proposta dell’On. Gennuso, relativa alla utilizzazione dei vuoti minerari di Pasquasia per l’accantonamento dei fanghi industriali di Priolo provoca una ulteriore generale presa di posizione della Opinione Pubblica ennese e quindi la costituzione della Commissione Pasquasia.
I lavori portano a confermare che:
La area di soprassuolo della miniera e dei suoi impianti industriali non pare avere tassi di radioattività superiori alla norma ma che, come chiarito dal piano di caratterizzazione elaborato da ARPA Sicilia, vi è una alta pericolosità degli stessi dovuta principalmente alla presenza in situ di svariate tonnellate di Cemento Amianto (il cosiddetto Eternit) utilizzato per la costruzione degli edifici dell’impianto.
Lo stesso Cemento Amianto, lasciato in balia delle intemperie, si presenta oggi danneggiato e sfibrato in più punti, resti dello stesso sono sparsi sui piazzali della miniera e nella vasta discarica dei materiali di risulta della estrazione, discarica che per dilavamento e lisciviazione conferisce percolati al reticolo idrico del bacino dell’Imera o Salso meridionale.
Di contro nulla può esser detto di quanto presente nella parte sotterranea della miniera stessa, ad oggi inaccessibile per motivi di sicurezza, se non che uno dei quattro grandi pozzi, il N° 1, appare ripieno di materiali di risulta analizzabili unicamente in superficie. Tale pozzo, è profondo circa 1000 metri, mentre gli altri tre, dei quali il 2 ed il 3 posti all’esterno dell’area controllata, hanno profondità varianti dai 260 ai 750 metri.
La commissione ha potuto chiarire in maniera inequivocabile che il più volte annunciato esaurimento del giacimento non corrisponde a verità, che nel complesso il mercato dei Sali potassici mondiale rimane interessante e vivace, che la qualità dei Sali estraibili a Pasquasia rappresenta l’eccellenza mondiale degli stessi, e che, però, per riavviare l’estrazione e la lavorazione bisognerebbe a questo punto, letteralmente rifare impianti e miniera.
Va sottolineato anche come interessante industrialmente sia la possibilità di ricavare dall’estrazione non solo i Sali potassici ma anche quelli magnesiaci, prima eliminati come materiali di risulta, ed invece passibili di verticalizzazione per la produzione di magnesio metallico, una strategica risorsa.
Ribadisco quindi quanto detto in Commissione più e più volte e cioè:
1) Lo stato dei luoghi dell’impianto e delle pertinenze è tale che non è procrastinabile la messa in sicurezza e la bonifica degli stessi qualsiasi destinazione futura si voglia dare agli stessi;
2) Che interessante sarebbe la riapertura delle attività estrattive tentando di salvare il salvabile della vecchia, grande struttura sotterranea scavata con grande sacrificio della mano d’opera ennese e del circondario;
3) Che va salvaguardata anche la cospicua “eredità culturale” che rappresenta l’impianto stesso come momento di acme della lunga storia mineraria dell’altipiano gessoso solfifero siciliano”
4) Che va assolutamente chiarito ogni eventuale uso illecito per confinamento di rifiuti di ogni tipo, all’interno della parte sotterranea del sito, comprendendone gli eventuali impatti, la pericolosità ambientale futura ed, ovviamente le responsabilità;
Scevro da altre, più politiche valutazioni, ribadisco inoltre che la proposta della SIAP di creare una discarica dedicata in situ per la messa in sicurezza del Cemento Amianto, oltre che vantaggiosa ai fini dell’erario, potrebbe essere interessante per la veloce messa in sicurezza del sito e delle popolazioni che intorno ad esso vivono e non nascondo che una simile scelta potrebbe legarsi ad una campagna per la eliminazione definitiva di tutti i materiali in Eternit che “adornano ad oggi le nostre cittadine sottoforma di serbatoi, tetti di capannoni, palestre, garages, tubi di gronda ecc.
Condivido la “paura” del Dr. Malfitano sulla pericolosità del lavoro e della messa in sicurezza, ma questa paura non va vissuta con la cosiddetta sindrome di NIMBY (Never in My Backyard) ed invece con la necessità di controllare passo dopo passo che tutto il ciclo di messa in sicurezza venga effettuato secondo le più sicure tecniche in possesso della odierna tecnologia.
Tra l’altro va detto che il Cemento Amianto una volta seppellito in ambiente confinato risulta altamente stabile e privo di rischi di rilascio, assumendo una pericolosità inferiore di quella che hanno le tante, troppe discariche che nel tempo hanno ammorbato il nostro territorio e nelle quali tra le tante schifezze, mi si permetta il termine, giace anche lo stesso Cemento Amianto.
Sulla questione lavorativa muovo invece una critica all’entusiasmo del fattivissimo presidente della Commissione, credo che il recupero della miniera sia di per se una occasione lavorativa e di salubrità, ma non amo i proclami numerici in una terra che così tanto soffre la mortificazione della forza lavoro.
Spero vivamente che le polemiche sorte confluiscano in una decisiva azione della Commissione stessa alla quale ho chiesto più volte la pubblicizzazione in dibattiti aperti dei lavori sin qui effettuati.
Giuseppe Maria Amato
Componente Commissione Pasquasia