Sicilia. Per il PD le Province sono inutili… anzi sono necessarie

Sicilia. Per il PD le Province sono inutili… anzi sono necessarie

di Massimo Greco


“Giravolta spaziale!” avrebbe esclamato Atlas Ufo Robot, meglio conosciuto negli anni ‘80 col nome di Goldrake, per apostrofare l’iniziativa legislativa presentata ieri all’ARS dal gruppo parlamentare del Partito Democratico, per l’occasione trainato dal neo Deputato Fabio Venezia, finalizzata a ripristinare l’elezione diretta degli organi di governo degli attuali liberi Consorzi comunali. In pratica tutto il contrario di quello che fece lo stesso Partito Democratico a Roma nel 2015 con la legge Renzi-Delrio e a Palermo nel 2013 con la legge Crocetta. In quel tempo, di caccia alle streghe e ai costi della politica, le Province furono prese di mira perché considerati enti inutili nonostante le stesse facessero parte, a pieno titolo, dell’intelaiatura costituzionale della Repubblica. Dopo 9 anni e 11 commissariamenti il PD, elettoralmente asfaltato, sembra volere recitare “il mea culpa” e lo fa partendo dalla Sicilia dove il problema dell’ente intermedio è ancora più complicato, come spesso capita nell’isola di Pirandello e Sciascia. Sì perché nello Statuto siciliano, che per chi non lo sapesse è dotato di rango costituzionale, le Province non sono mai esistite e tutto quello che è stato fatto finora presenta non pochi vulnus di costituzionalità. Vale qui la pena ricordare ai nuovi parlamentari, che si accingono ad indossare la nobile veste del legislatore, che i liberi Consorzi di comuni sono tali se “costituiti” (dal basso) dai Comuni e non anche se “istituiti” (dall’alto) dalla Regione come si fece con la l.r. n. 9/86 prima e con la l.r. n. 7/2013 dopo. Ad affermare ciò non siamo solo noi, che sulla questione abbiamo indagato in lungo e in largo, ma lo fece a suo tempo (1955) l’Alta Corte per la Regione Siciliana, dichiarando l’illegittimità del decreto legislativo di approvazione delle “norme sul nuovo ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana” nella parte dedicata a ricostituire le Province statali sotto il titolo di Province Regionali.  In quella sede fu affermato che “…il disposto dell’art. 15 dello Statuto sostituisce alle circoscrizioni provinciali e relativi organi ed enti, i liberi Consorzi dei comuni. Tali Consorzi non possono non avere origine dalla volontà dei rappresentanti comunali, ai quali spetterebbe precisare le finalità, i mezzi, gli organi pur nel quadro di una legge regionale, mentre le Provincie regionali, sia pure con la definizione legislativa di liberi Consorzi, sono istituite dalla Regione per legge che ne definisce i caratteri, i fini, gli organi, e ogni altro elemento istituzionale. L’unica facoltà lasciata ai Comuni è quella di potere riunirsi, sotto date condizioni e formalità, in nuove Provincie, e quella di poter passare da una Provincia all’altra. Si tratta di una notevole facoltà, che però lascia intatto l’ordinamento prestabilito e non dà modo di instaurare il libero Consorzio”. Prima di ingarbugliare ancora di più la matassa istituzionale con l’introduzione di un’improbabile elezione diretta in un ente non territoriale e squisitamente consortile, il futuro legislatore siciliano farebbe bene a sciogliere il nodo gordiano in questione.
Alla domanda “Oggi come va?”, Livingstone avrebbe risposto: “Mi sento un po’ perso”.