La cuccìa, piatto tradizionale che unifica la Sicilia

Il 13 dicembre è Santa Lucia e sulle mense di tutta la Sicilia non mancherà un assaggio di cuccìa, in molte parti addirittura è l’unico alimento permesso dalla tradizione. C’è chi la mangerà semplice con un goccio d’olio o accompagnata da legumi o verdure e chi la gusterà come dessert mescolata con crema di ricotta o crema al cioccolata, in qualunque modo si faccia è un tributo alle nostre radici e alla nostra cultura. La sua origine se la contendono niente di meno che Palermo e Siracusa, ma per entrambe le città è un miracolo di Santa Lucia che, invocata durante una brutta carestia nell’anno domini 1624, quando ormai la popolazione era stremata dalla fame, fece arrivare una nave carica di frumento. La fame era tale che la gente mise a cuocere il grano direttamente per non aspettare oltre. E da allora si continua a consumare come un ex voto per ringraziare la Santa nel giorno della sua festa.
In Aidone, il mio paese, fino a qualche tempo fa era solo cucinata perché se ne era fatto voto alla Santa. Le massaie, che assolvevano al voto, ne cucinavano una grande quantità; alla prima messa del mattino ne facevano benedire un campione che poi mescolavano a tutto il resto; quindi la distribuivano ai vicini, amici e parenti finché non fosse tutta consumata.
Oggi si continua a farla per voto ma la maggior parte delle persone la fa per il piacere di farla e non si fa scrupoli di conservarla congelata per gustarla anche in tempi non sospetti.
Vi do la mia ricetta supercollaudata; io, una volta condivisa con parenti ed amici, ne conservo una parte congelandola nel suo brodo, per i figli e i nipoti che la vorranno mangiarla anche in estate, ne conservo un’ altra parte, ben lavata del suo amido, per accompagnarla al minestrone o per confezionare meravigliose pastiere.

La sua preparazione è un po’ lunga e laboriosa, io comincio la sera del 10, dopo avere mondato il grano lo lavo e lo metto in abbondante acqua fredda e, cambiando almeno un paio di volte al giorno l’acqua, ve lo tengo fino al pomeriggio del 12 (più o meno tre giorni). Quindi in un pentolone –si deve considerare che durante la cottura raddoppia il volume- la metto a cuocere in acqua fredda, a fiamma vivace fino a quando non sale il bollore, poi a fiamma bassa. Bisogna schiumare spesso all’inizio e rimescolare di tanto in tanto; lasciare cuocere fino a quando il frumento non comincia a rilasciare l’amido; ci vorranno dalle tre alle quattro ore, si capirà quando è il momento giusto perché l’acqua di cottura si comincerà ad intorbidare con un residuo biancastro. L’acqua di cottura deve essere sempre abbondante, se necessario integrarla con altra acqua bollente, la cuccìa non deve mai perdere la temperatura di bollore. A questo punto spegnere, coprire bene la pentola ed avvolgerla tra le coperte di lana. L’indomani mattina, sciogliere il sale nell’acqua calda ed aggiungerlo alla cuccia che troverete abbastanza compatta per l’amido rilasciato. Non è necessario rimetterla sul fuoco, farlo solo quando si sta per mangiarla e, anche allora, conviene riscaldare solo la quantità necessaria. A questo punto gustarla come si preferisce.



Franca Ciantia