Cataldo Salerno: soppressione uffici provinciali e genocidio della Provincia di Enna, la responsabilità non è dello Stato

genocidioLa soppressione di diversi uffici provinciali a Enna non configura di per sé un’azione rivolta alla cancellazione della provincia. Va detto che molte di queste soppressioni, che si succedono ormai da oltre dieci anni, fanno parte di un progetto che colpisce gradualmente tutti i capoluoghi di provincia per concentrare la presenza dello Stato nei soli capoluoghi di regione o, al più, nelle grandi città metropolitane. Quello che avviene oggi a Enna, avverrà domani a Caltanissetta come a Siracusa, come abbiamo già visto con altri uffici e servizi chiusi da tempo.

Lo smantellamento delle sedi territoriali fa parte di una cultura politica che concepisce lo Stato come una struttura “leggera”, qualcuno direbbe “liquida”, non più protagonista della gestione del Paese e dei servizi per il cittadino, ma funzionale essenzialmente al mercato e agli interessi economici. La soppressione degli uffici sul territorio è il risultato di puri calcoli economicistici: fa niente se il cittadino deve spostarsi per trovare un ufficio o addirittura un ospedale o un tribunale, o se non trova la banda larga per accedere ad internet perché realizzare le reti in quel dato territorio non è “conveniente”. Si tratta di un’ottica totalmente diversa da quella che portò nel dopoguerra ad un grande sviluppo solidale del Paese, mentre oggi la nuova filosofia statale sta ampliando in misura drammatica la forbice tra nord e sud, desertificando inesorabilmente il Mezzogiorno d’Italia.

Detto questo, però, non può non rinvenirsi, nei modi e nei tempi oltre che nei fatti, anche un’aggressione sistematica e mirata nei confronti della provincia di Enna. Il nostro territorio, infatti, non è soltanto vittima delle iniziative “liquide” dello Stato, ma anche e soprattutto di iniziative “liquidatorie” da parte della Regione. Questo secondo aspetto non è comune all’intero Paese, è un fatto che riguarda soltanto la Sicilia e che risale al governo Lombardo.

Con il governo del presidente Raffaele Lombardo, dopo il suo giravolta politico ed il passaggio dal centro-destra al centro-sinistra, Enna venne scelta come provincia da destabilizzare proprio dai nuovi padroni della Regione. Dava fastidio il protagonismo del “modello Enna” e il fatto che la nostra provincia raccogliesse qualche successo – tra tutti, l’Università – a fronte di un diffuso fallimento dei progetti di sviluppo negli altri territori.

1914 ATTENTATO SARAJEVO E INIZIO  PRIMA GUERRA MONDIALEIl nostro “delitto di Sarajevo”, il pretesto che fece saltare i nervi a qualcuno e scatenò la “prima guerra mondiale” contro la provincia di Enna (che tutt’ora continua), fu probabilmente il rifiuto nel 2010 di ospitare una mega discarica a Dittaino. Da lì in poi la guerra contro Enna non è mai finita. Qualcuno ricorderà che si arrivò a commissariare la Camera di commercio, e soprattutto i suoi soldi, con il pretesto che non ne erano stati nominati tutti i membri del consiglio camerale, anche se i membri che mancavano erano, guarda caso, proprio quelli della stessa Regione che commissariava.

Commissariare Enna è diventato lo sport preferito degli ultimi due governi regionali, spesso con la collaborazione di ascari locali: oltre la Camera di commercio, l’Area di sviluppo industriale, l’Azienda sanitaria provinciale (la più commissariata d’Italia), il Parco Floristella, e così via, curando che nessun commissario fosse originario della provincia di Enna. Insomma, una sorta di genocidio di un territorio e di una popolazione rei di non essere sufficientemente mafiosi per giustificare la presenza di una certa antimafia.

Enna prefetturaLa nostra provincia, forse troppo diversa per essere in questa Regione, è oggi priva di paracadute. È naturale che l’unica Prefettura da sopprimere in Sicilia sia stata individuata in quella di Enna e che il governo regionale non abbia minimamente reagito nei confronti di Roma. Avrebbe dovuto far notare al governo Renzi che in Sicilia le prefetture sono tutte soppresse dal 1946 e che sopprimerne oggi una sola non ha alcun senso, Ma questo il governo regionale potrebbe farlo soltanto se è stato vittima della soppressione e non carnefice. Gli ultimi cinque anni fanno propendere per la seconda ipotesi.

Di fronte a questo disegno, non bisogna sbagliare prendendosela con lo Stato. Il nostro nemico non è lo Stato. Manteniamo dunque la calma, la nostra onestà e la nostra pulizia, anzi rafforziamole. Prima o poi, più prima che poi, avremo ragione. Oggi sappiamo che dobbiamo farcela da soli, senza le targhette statali e nonostante le aggressioni continue e sistematiche.

Cataldo Salerno