Mafia e gli stand della Fiera per Expo, 11 arresti, punto di riferimento famiglia mafiosa di Pietraperzia

acroliti dee expoUndici arresti per associazione a delinquere finalizzata a favorire gli interessi di Cosa nostra. Con interessi e affari con la potente Fiera – quella, per intenderci, che organizza anche la Bit, la Borsa Italiana del Turismo – ma anche con lavori per Expo. Un giro di appalti di quasi 20 milioni di euro, dal 2013 a oggi. Ma non solo. La società consortile Dominus Scarl, quella al centro dell’inchiesta, “lavora quasi esclusivamente con Nolostand spa, società interamente controllata da Fiera Milano, e si occupa di allestimento degli stand nei siti espositivi dell’ente. E proprio in virtù di tale rapporto imprenditoriale e commerciale – scrive il gip Maria Cristina Mannocci nell’ordinanza d’arresto – ha effettuato lavori di allestimento e smontaggio per Expo 2015 o presso alcuni padiglioni dell’Esposizione mondiale, sia direttamente che attraverso alcune consorziate”.

Venti milioni di appalti in tre anni. Gli uomini del Gico della Guardia di finanza di Milano hanno eseguito le 11 misure cautelari nei confronti di persone sospettate di aver ottenuto in tre anni 20 milioni di appalti per l’ente Fiera attraverso la Nolostand, società totalmente controllata dall’ente Fiera che ora è stata commissariata su richiesta della Dda dal giudice Fabio Roja. Nell’ordinanza non risultano indagati tra i dipendenti della Fiera. Gli arrestati, accusati a vario titolo anche di riciclaggio e frode fiscale, sono punto di riferimento della famiglia mafiosa di Pietraperzia (Enna). Tra le commesse ottenute, secondo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e affidate ai pm Sara Ombra e Paolo Storari, ci sarebbero anche quattro padiglioni per Expo 2015: Francia, Qatar, Guinea Equatoriale e dello sponsor Birra Poretti. Contestualmente all’ordinanza del gip, è scattato anche un sequestro preventivo di diversi milioni di euro.

Il procuratore Greco: “Vicenda inquietante”. “L’operazione – è il commento del procuratore capo di Milano, Francesco Greco – dimostra l’interconnessione fra organizzazioni criminali e realtà economica. Qui si parla di fondi neri, operazioni estere, evasione fiscale, che è uno dei sistemi più diffusi di accumulo di proventi illeciti”. Quanto al ruolo di uomini legati a Cosa nostra negli appalti di Expo, il procuratore dice: “Le organizzazioni criminali sono riuscite a inserirsi nelle partecipate pubbliche. Questa è una circostanza inquietante”.

Boccassini: “Fiume di denaro in nero da Milano fino alla Sicilia”. Ilda Boccassini, a capo del dipartimento Antimafia della procura, si concentra sulla “incredibile quantità di denaro sottratto al fisco da parte di imprenditori lombardi e siciliani. Un fiume di denaro contante, prodotto e transitato in nero che partiva da Milano e arrivava in Sicilia”. In particolare, “c’erano imprenditori che pagavano operai per farsi costruire in casa veri e propri imboschi per il denaro contante”. Sul giro di affari delle società coinvolte, Boccassini dice: “In pochi mesi, le società osservate hanno generato proventi per 20 milioni di euro, in parte trasferiti in Slovacchia e Romania”. Sul tenore criminale degli arrestati, il procuratore aggiunto dice: “Sono consistenti i legami con famiglie mafiose di Castelvetrano”. Per quanto riguarda i flussi di denaro, l’ordinanza chiarisce che i fiumi di soldi ottenuti con gli appalti alla Fiera di Milano, tornavano in Sicilia in borse di plastica, valigie e perfino in un canotto.

Le figure principali dell’inchiesta. Secondo l’ordinanza, le indagini, avviate nel 2014, hanno dimostrato “una serie di elementi relativi all’infiltrazione mafiosa in seno alla Fiera di Milano spa”. La figura principale dell’inchiesta è quella di Giuseppe Nastasi, “un imprenditore che si occupa di allestimenti fieristici e che, insieme ad altri soggetti che fungono da prestanome, commette una serie di reati tributari per importi assai rilevanti”. Nell’ordinanza si legge che “Nastasi è apparso subito in rapporti molto stretti con Liborio Pace (con cui è socio), già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia e che dalle indagini appare come elemento di collegamento con detta famiglia partecipando all’attività di riciclaggio del denaro provento dei reati tributari”.

“I presunti mafiosi in costanti rapporti con vertici della società controllata da Fiera”. Pace e Nastasi “intrattenevano costanti rapporti con i dirigenti e gli organi di vertice della Nolostand, al fine di ottenere l’aggiudicazione o di assicurarsi il rinnovo dei contratti di appalto dei servizi di trasporto e facchinaggio dei siti fieristici”. A scriverlo è il giudice Roja che si è occupato del commissariamento di Nolostand. “Pace e Nastasi – continua – avevano, quali interlocutori privilegiati, Enrico Mantica, in qualità di direttore tecnico ed ex amministratore delegato di Nolostan spa, per la risoluzione di problematiche lavorative e Marco Serioli, amministratore delegato di Nolostand spa”. Entrambi i manager, allo stato, non risultano indagati.

Boccassini: “Non si denuncia per convenienza Ci sono imprenditori consapevoli e interessati”
Non è solo la paura a trattenere gli imprenditori dal denunciare le organizzazioni criminali, ma è anche la convenienza nel fare affari migliori. È questo il parere del procuratore aggiunto e capo della dda di Milano, Ilda Boccassini: “Nella mia esperienza di magistrato dico che vi è una parte della nostra imprenditoria che ha interesse a fare affari con le organizzazioni criminali. L’esperienza mi induce a pensare che vi è convenienza e consapevolezza”, ha affermato nell’ambito di un incontro promosso all’Aula Magna del Palazzo di giustizia, sulle mafie nella società civile. “Di fronte al degrado culturale di oggi, alla voglia di capacità di illegalità diffusa, i criminali si buttano a pesce. È anche un problema di coraggio e lo Stato ha il dovere di proteggere chi denuncia e lo fa”.
Ilda Boccassini sottolinea come fuori dalla sua porta, come quella dei colleghi, “non c’è una coda di imprenditori pronti a denunciare. Eppure non si fermano i danneggiamenti alle auto, gli atti di intimidazione, gli atti incendiari e la violenza. Nonostante questo, interpellati, chi subisce queste cose dice di non sapere il perché. Ma non credo si tratti solo di paura”.
Ilda Boccassini ricorda poi che è compito della magistratura “reprimere i reati e non supplire lo Stato”, richiamando in questo modo gli enti locali e le organizzazioni del territorio ad agire. L’obiettivo, conclude “è aiutare le persone a denunciare. Questo deve essere la priorità dello Stato”.