Enna. Piano di viabilità: addio!

Enna. Perplessità, sdegno, malcontento, ed incredulità: “Ma in definitiva, perché la nascita di questo piano traffico o di viabilità che dir si voglia?” Qual’era l’autentico “leitmotif” che ne aveva stimolato la creazione e che manteneva arroccata questa amministrazione alla sua creatura? La città, era così invivibile quando esisteva il doppio senso di circolazione nella zona monte? Devo essere sincero: “un miglioramento estetico si è notato”. Il viale Diaz e la via IV Novembre sembrano più larghe, e chi lamenta la perdita della sensazione di spazio e di ampiezza che trasmettono, osservandole: deve, necessariamente, ricredersi. E allora cosa non ha funzionato? A mio modesto modo di vedere, la prima cosa che è mancata è stata la concertazione tra chi ha “subito” questo piano di viabilità e chi lo ha realizzato. Modifiche strutturali, della viabilità cittadina, così profonde, vanno progettate da professionisti del settore che devono, successivamente, relazionarsi con le categorie produttive che, poi, ne sosterranno, in primis, gli effetti. Sono loro che reggono l’economia e devono essere, debitamente, considerati; non si può prescindere dall’idea che devono coinvolgersi, sistematicamente e necessariamente. Già vivono l’angoscia della “crisi” se, a ciò, aggiungiamo anche gli errori grossolani e gratuiti “tirando più del dovuto la corda” si arriva all’insurrezione. L’assessore all’Urbanistica, non si sarebbe dovuto affidare, in via preventiva, a dei consulenti esterni specialisti della risoluzione del problema: traffico? E’ giusto prescindere dallo studio caratteriale dei nostri concittadini la cui “reazionarietà” è assolutamente manifesta? E’ corretto non rispettare la creazione dei parcheggi nella zona del centro storico, che mettano nelle condizioni quei, pochi, “virtuosi” di parcheggiare anche in quella zona oltre che nella zona monte? E’ necessario fare tutto ciò quando abbiamo la “panoramica”, che risulta essere una grossa arteria cittadina, chiusa? E’ corretto sperperare denaro pubblico senza essere assolutamente sicuri del plauso che, un’iniziativa del genere, deve necessariamente ricevere dai più “compromessi”? E’ giusto affrontare il problema dalla fine, anziché dall’inizio: solo adesso si parla di “plebiscito democratico”, come se non fosse bastata la raccolta di 2000 firme. Queste sono poche riflessioni, a caldo, che provengono da un comune cittadino che “gradirebbe” un’amministrazione: meno impulsiva, più riflessiva, più democratica e più vicina ai cittadini, soprattutto, a quelli che non ne condividono le linee guida. BUONE FESTE !

Tony La Rocca