Al Kenisa presentazione del romanzo dell’ennese Mavie Parisi: “E sono creta che muta”

Al Kenisa, centro culturale letterario di Enna, il prossimo venerdì alle 18.30, verrà presentato dalla giornalista e saggista Anna Pavone il romanzo vincitore della IV edizione del premio “Pensiero d’inchiosto” il libro “E sono creta che muta” dell’ennese  Mavie Parisi che considera Catania come sua città vivendoci ormai da più di trent’anni insieme a due figli e a un bulldog di nome Saretto. Laureata in Scienze, ha trascorso un periodo della sua vita negli Stati Uniti come ricercatrice presso l’NIH. Oggi insegna matematica e scienze in una scuola media. Coltiva da sempre la passione per la letteratura. Ha scritto e pubblicato numerosi racconti.

E sono creta che muta” è il suo romanzo d’esordio. Quanto pubblicato sulla quarta di copertina del romanzo:

“È da qui che intendo iniziare la mia storia. A proposito, mi chiamo Kita Narea, ed è l’estate del 2006. Fa talmente caldo che mi suda l’interno delle ginocchia ripiegate sui morbidi piedistalli di una di quelle strane e costose sedie ergonomiche importate dalla Svezia. Sono davanti al computer a raccontare i fatti miei più intimi a un tizio mai visto”.

Kita. Tre figli e un matrimonio alle spalle, forse con qualche rimpianto. Il mare, presto la mattina. Le sue tele e i suoi colori, lasciati lì, a riposare, forse per troppo tempo. E il bisogno di un incontro, di gesti e di parole. Per ritrovarsi, per ricominciare.

Intervista a Mavie di Giuseppina Cuccia

Tratto da una poesia di Giovanni Pennisi, “E sono creta che muta” è il verso che dà il titolo al romanzo d’esordio di Mavie Parisi, pubblicato dall’editore Giulio Perrone di Roma nel Novembre del 2009 e presentato a Catania il 18 Dicembre a Palazzo Beneventano. Nata ad Enna ma catanese d’adozione, insegnante e scrittrice, Mavie dà vita alla storia della sua “eroe donna”, Kita Narea, quasi che fosse argilla, plasmandola e levigandola con dolcezza, in modo da farne un’opera di notevole qualità letteraria. Kita stessa è creta, che cambia e si irrigidisce, si abbandona, ritorna ad ergersi fiera e ad affrontare la vita. Madre di tre figli, da quando ha divorziato dall’amatissimo marito Stefano, la sua esistenza ha intrapreso una parabola discendente che alla fine la porterà verso un cambiamento che nemmeno lei credeva possibile. Tantissimi i temi affrontati nel libro: dall’abbandono all’alcolismo “domestico” (ma non per questo meno devastante), dalle relazioni nate in chat al senso di dovere che si impossessa della madre abbandonata, così forte agli occhi di amici e parenti ma interiormente capace di frantumarsi in mille pezzi, come un fragile vaso di creta.

Da cosa è scaturito il bisogno di scrivere questo primo romanzo?

– Scrivo da molto tempo, ho scritto tantissimi racconti e molti sono stati pubblicati in varie antologie, ma avevo sempre avuto nel cassetto il sogno di qualcosa di più ampio respiro come il romanzo. La cosa che mi ha sempre affascinato di più dello scrivere è la voglia di emozionare, ed emozionare a 360 gradi. Il racconto è qualcosa di troppo breve per contenere tutte le emozioni. Romanzo o racconto che sia, la scrittura è per me ragione di vita e quelli in cui scrivo sono gli unici momenti di reale, profonda serenità.

Perché definisce la protagonista del romanzo, Kita, un “eroe donna”?

– La mia Kita è un eroe donna e non un’eroina perché non è lacrimevole, non suscita compassione. E’ forte e determinata, nonostante si trovi in un momento così delicato della sua vita.

Se Flaubert a proposito di Madame Bovary disse “M.me Bovary c’est moi” lei se la sentirebbe di dire “Kita c’est moi”? E perché?

– Non posso dire di essere io, o forse lo sono in parte, forse è quello a cui tendo. Kita è una donna che dentro il dolore trova la sua dimensione e riesce a collocare i rapporti con l’altro sesso nella giusta posizione non centrale, non esaustiva.

Hanno definito la sua opera un racconto “di solitudine e guarigione”. C’è dell’altro?

– Un romanzo di guarigione dalla solitudine, ma anche direi un romanzo di consapevolezza, crescita e autocoscienza. Un romanzo in cui si dà voce non solo alla protagonista ma anche al mondo che le sta intorno. In cui abbandonante e abbandonato godono del beneficio del dubbio, in cui la verità non sta mai da una sola parte, in cui la vita assume tutte le sfumature possibili.