Villapriolo. Ennesima vittima del lavoro che uccide anche quando non c’è
Enna-Cronaca - 08/03/2011
Villapriolo. E’ l’ennesima vittima del lavoro, che uccide anche quando non c’è? L’interrogativo, poco più trentenne, coniugato senza figli, che si è impiccato, ieri, alla periferia del paese in un terreno poco distante della sua abitazione, è d’obbligo. Il giovane che il giorno prima aveva manifestato segni di irrequietezza nel corso della brutta nottata, il paese era avvolto dalla nebbia, sfuggendo al controllo dei familiari, ha legato una corda ad un albero e poi di botto si è lasciato cadere. Secondo quanto si è appreso, che ultimamente aveva trovato occupazione in un cantiere scuola, da qualche settimana si era un po’ intristito. A notarlo erano stati finanche i compagni di lavoro; una situazione come ce ne tante di questi tempi, un po’ di sconforto, ma non tale da far immaginare ad un gesto così. “Stiamo vivendo un momento molto difficile – dice il prof. G.C.- i giovani sono nella prostrazione più assoluta, vivono alla meglio e vanno avanti senza una prospettiva, senza una speranza”. Appunto, quella che manca per tanti giovani è la speranza e di questo la politica sembra non accorgersi. Ecco perchè ci troviamo di fronte ad un’altra giovane vita volontariamente spezzata, ad un’altra famiglia per bene provata da un grandissimo dolore, quello per la morte di un figlio. Quella del povero giovane è una famiglia normale come tante, con forti legami e valori. Pronti all’aiuto vicendevole. “Sicuramente non è un periodo facile per il lavoro – dicono nella piccola comunità, che ne ha risentito molto di questo evento luttuoso-. Ma mai potevamo immaginare un gesto così forte”. I carabinieri hanno ascoltato i familiari per cercare di risalire al motivo che ha spinto il giovane a un gesto tanto drammatico, ma sarà difficile perchè è impossibile capire cosa frulla nel cervello di un giovane che cade nel buco nero della disoccupazione. Oggi pomeriggio il rito funebre che sarà celebrato nella chiesa di San Giuseppe dal parroco don Salvatore Bevacqua.
Giacomo Lisacchi