Enna. Autonomisti per applicazione Statuto siciliano su soppressione delle province
Enna-Provincia - 17/08/2011
Nicosia. Liborio La Vigna, Autonomista per l’applicazione integrale dello Statuto Speciale Siciliano ha espresso il pensiero sulla soppressione delle province di Enna e Caltanissetta.
“Lo Statuto Speciale Siciliano, ha sempre rappresentato, per chi ne è stato a conoscenza, un valore aggiunto al desiderio di riscatto dei siciliani nel volere accorciare se non eliminare quel divario Nord-Sud che li ha sempre relegati in fondo al sacco di quell’Italia ancora oggi alla ricerca di una propria identità unitaria.
Pattuito con il Governo provvisorio di Umberto II di Savoia nel lontano 15 Maggio del 1946, dopo le sanguinose lotte separatiste e ancor prima della nascita dell’Italia repubblicana, quello Statuto, fu convertito in legge costituzionale con la legge del 26-02-1948 n.2, secondo il disposto dell’art.116 della costituzione italiana. Non fu l’indipendenza ad essere conquistata, ma un’autonomia la cui specialità rendeva tuttavia la Sicilia diversa dalle altre regioni d’Italia. Quasi Stato in uno Stato le fu riconosciuto un Parlamento, dispose di una potestà legislativa esclusiva espressamente regolata dall’art.14 in materia di agricoltura e foreste – industria e commercio – incremento della produzione agricola e industriale – urbanistica – lavori pubblici, etc.etc. e dell’art.17, che, entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, legiferasse altresì in materia di igiene e sanità – istruzione media e università, etc.etc.
Purtroppo questa nostra Autonomia Speciale della quale non starò ad elencare ulteriormente le straordinarie prerogative, che se attuate avrebbero reso giustizia al popolo siciliano, venne ben presto ritenuta come un’offesa all’unità nazionale e la paura di un separatismo inesistente, ostentato ad ogni frusciar di fronda dallo statalismo accentratore romano, lo ha svuotato di tutti i suoi significati e reso in gran parte inapplicabile se non lesivo delle aspettative e degli interessi della Sicilia e dei siciliani.
Oggi, in un momento particolare di smarrimento politico ed economico globale, ad un siciliano che occupa la carica più rappresentativa della Regione Siciliana, viene in mente di mettere mano allo Statuto e di volerlo attuare nella sua essenza; ma ecco che un coro belante di irato dissenso gli si leva contro. Ad inasprire gli animi e a far sollevare le piazze è stata l’intenzione di cominciare con la soppressione delle province!.
Ricordo a chi non sa o non vuole sapere, che l’art.15 del fantomatico Statuto Sciliano sanciva perentoriamente che, “le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione Siciliana”.
Con le province sarebbero così scomparse anche la Prefetture, che dell’istituto provincia sono in importante organo. Recita infatti l’art.31 del nostro Statuto, che “ il mantenimento dell’ordine pubblico è demandato solo ed esclusivamente al Presidente Regionale a mezzo della Polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal Governo Regionale.
Il Presidente della Regione può chiedere anche l’impiego e l’utilizzazione delle forze armate dello Stato e il Governo dello Stato potrà assumere la direzione dei servizi di pubblica sicurezza su richiesta del Governo Regionale congiuntamente al Presidente dell’Assemblea e soltanto in casi eccezionali il Governo dello Stato, di propria iniziativa potrà intervenire quando siano compromessi l’interesse generale dello Stato e la sua sicurezza”.
Il frastuono creato dal rischio di dover perdere prerogative ormai consolidate svela invece la illegittimità di quanto nel tempo si è fatto passare per legale e quindi il rispetto dello Statuto Siciliano e della stessa Costituzione Italiana che proprio quello Statuto avrebbe dovuto garantire e farlo attuare. C’è ora chi pensa di potere apportare varianti al tema e propone
di sopprimerne alcune e non tutte penalizzando così le province con meno popolazione. La nostra ottantacinquenne provincia, (ti pareva), è candidata ad essere la prima a sparire e sull’onda emotiva del “si salvi chi può”, si è dato il via alla solita diaspora fra poveri che non si sa dove ci porta.
Lo Statuto è già stato tante volte stravolto e non merita di certo ulteriori annacquamenti.
I padri costituenti misero a punto uno strumento statutario che, tenendo conto di fattori storici, geografici, climatici, economici e culturali, servisse a sensibilizzare e responsabilizzare una popolazione, la nostra, non ancora avvezza al senso civico e al bene comune.
Nostri candidati eletti al Parlamento Regionale e Nazionale, da subito, lo svendettero per trenta denari agli oligarchi romani che, ancora oggi e da sempre, stabiliscono i ruoli di governo da assegnare ai più “bravi”. Questi signori vanno omaggiati del nostro biasimo poiché sconoscono la formulazione platonica ed aristotelica della vera politica, atta a determinare il fine della vita associata, che persegue il bene comune, la giustizia e la felicità per tutti. Oggi la politica si configura come questione del potere e corsa a privilegi che mortificano ogni forma di democrazia.
Ai nostri attuali rappresentanti politici ennesi voglio ricordare che con L.R. 6 Marzo 1989 n.9, avveniristica per quel tempo, (come lo fu nel 1992 quella sulla elezione diretta del sindaco), si fissarono al Titolo IV i caratteri e le competenze delle nascenti aree metropolitane e con decreto del Presidente della regione del 4 Maggio1995 vennero determinate le aree di Palermo, Catania e Messina. Alle amministrazioni provinciali dei tre capoluoghi, (sarebbe stato meglio denominarle CapoValli e con rispettivi rappresentanti), venne riconosciuta la competenza della gestione di servizi essenziali, come ritiro e smaltimento dei rifiuti, approvvigionamento idrico e trasporti; ma, come da copione, tutto ciò è stato congelato per la sopravvivenza delle illegali province. Ricordo ancora che il tanto vituperato art. 15 che sopprime le province, recita che ”L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria. Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e la esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.
In questa prospettiva, finalmente, al Comune viene riconosciuto il legittimo ruolo di prima basilare cellula di uno Stato autenticamente democratico, idoneo a gestire responsabilmente ed autonomamente le proprie risorse e in grado di programmare, senza alcuna delega ma sempre nel rispetto delle leggi e nello spirito di solidarietà nazionale, il proprio futuro.
Un’ultima cosa vorrei dire sulla tanto idolatrata e difesa Provincia di Enna da parte di nostri locali rappresentanti istituzionali. Costituita con R.D. del 3 Gennaio 1927 n.1 e formata dai territori costituenti l’ex Circondario di Nicosia e l’ex Circondario di Piazza Armerina, appartenuti rispettivamente alle province di Catania e Caltanissetta, la neoprovincia, ascendeva a quel tempo a 257.000 abitanti. Nel 1931 scese a 225.696 e ancora nel Dicembre del 1988 a 197.739, Ai giorni nostri è al di sotto delle 180.000 anime e, a prescindere dall’apporto positivo dell’Università, non sembra proprio che il picco cui è destinata ad andare si fermi. Il prossimo anno questa Provincia compie 85 anni. Mi chiedo e chiedo, quanto si è spesa questa nostra istituzione in così tanto tempo per impedire lo spopolamento del suo territorio?. Gli ennesi farebbero bene a smettere di piangersi addosso e cercassero a questo punto di salvare il salvabile; il territorio prima di tutto, non svendendolo al primo arrivato. Aria salubre, parchi e riserve, laghi e archeologie, opere storico-artistiche e le giovani generazioni che sono le nostre principali vere autentiche risorse. Basta più innalzare canti o inveire al padroncino di turno!. Il rigoroso rispetto e l’osservanza della nostra Autonomia Speciale, che nulla a da spartire con il federalismo che si vuole applicare nel resto d’Italia, deve accompagnarli in questo cambiamento..per veramente cambiare. Autonomia significa responsabilità. Siano capaci di dimostrarla!”.