Catenanuova. Primi interrogatori dell’operazione “Bufala” ad Enna

Catenanuova. L’allevatore Vittorio Grasso, che si trova in carcere dall’ottobre del 2009 nell’ambito dell’operazione Bufala, sarà interrogato per rogatoria dal Gip presso il tribunale di Enna. Vittorio Grasso viene ritenuto la mente dell’associazione per delinquere finalizzata alla truffa con la realizzazione fasulla di un allevamento di bufali e che avrebbe ottenuto contributi per un milione e mezzo di euro da parte dello Stato e dell’Ue. Sarà ,quindi, il Gip di Enna Luisa Maria Bruno a interrogarlo questa mattina nel carcere di Enna. Vittorio Grasso è difeso dall’avvocato Caterina Galati Rando ed anche oggi dovrebbero esserci gli interrogatori di Giuseppe Grasso, figlio di Vittorio, difeso dall’avvocato Giuseppe Di Naro; e l’ex vicesindaco di Catenanuova Prospero Lentini, difeso dall’avvocato Nino Grippaldi. I finanzieri ennesi, coordinati dal colonnello Giuseppe Pisano e dal capitano Salvatore Seddio hanno già notificato gli avvisi di garanzia agli otto indagati a piede libero, tra cui vi sono due veterinari ennesi e due funzionari dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura. Per i ue funzionari dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura i finanziari hanno notificato pure un provvedimento di sospensione dall’esercizio di pubblico servizio, col contestuale divieto di svolgere attività professionale o imprenditoriale. Intanto si continua ad indagare per vedere se ci sono altre persone coinvolte in questa maga truffa e tra l’altro è trapelato che nel computer di uno degli arrestati sono state trovate ben 60 stampe di timbri, che venivano utilizzati a seconda della richiesta di contributo allo Stato o all’Unione Europea ed addirittura è stato trovato il timbro di una cancelleria del tribunale. Ci sono anche delle intercettazione ed in una di queste, una conversazione tra Vittorio Grasso, mentre si trovava all’interno del carcere, ed il figlio Giuseppe avrebbe fornito indicazioni e direttive su come continuare la truffa e ottenere contributi e finanziamenti per lavori mai eseguiti o per l’acquisto di bufali o di cavalli di cui era appassionato. Nella conversazione Vittorio Grasso invitava il figlio a trovare un contatto con il Gip che aveva emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cercare di farsi revocare l’ordinanza di arresto. Vittorio Grasso fu liberato solo perché lo consentiva la legge e su richiesta del suo avvocato difensore. Vittorio Grasso, secondo quanto sostengono gli inquirenti investigatori – ha dimostrato con il suo agire di essere una persona che operava con una “convinzione d’impunità” e riusciva a trovare facili consensi anche all’interno degli uffici che certificavano cose false, necessarie per ottenere i finanziamenti dallo Stato o dall’Unione Europea.