A Leonforte si parla di femminicidio con Maria Grasso

Una pro loco tutta in rosa, quella che apre i battenti oggi a Leonforte. Si comincia con un appuntamento ricco di sfumature diverse, presso la storica sede di Villa Bonsignore dove alle 18 il nuovo team accoglierà Maria Grasso, presidente dell’associazione DonneInsieme Sandra Crescimanno, unica realtà ad oggi attiva sul territorio ennese in tema di abusi sulle donne. Sarà anche il primo incontro con Rosaria Camiolo, la neo presidente che ha voluto circondarsi di un direttivo davvero impeccabile: tre uomini e tre donne che sosterranno le iniziative e metteranno in gioco le proprie competenze per i prossimi quattro anni. Spazio alla riflessione, perché il femminicidio è un argomento che brucia sempre di più. L’ apparente neologismo è tristemente legato alla strage di donne di Ciudad Juarez, dove da oltre un decennio viene perpetrato forse il più abominevole dei casi mai verificatisi nella storia criminale. Oltre 300 donne uccise secondo lo stesso rituale: rapimento, tortura, sevizie sessuali, mutilazioni e strangolamento. Da noi, i nomi di Vanessa Scialfa, Violeta Coriou sono solo alcuni di una lunga lista che evoca violenza e morte, rendendo urgente ed indifferibile una riflessione su un paradosso che rischia di diventare una triste norma. Passare dall’amore all’annientamento fisico, l’assurdità al centro dei tantissimi nomi balzati agli onori delle cronache – e chissà quanti seppelliti sotto spesse coltri di silenzio – e che ha spinto Maria Grasso, insieme alle 58 volontarie dell’associazione, ad allestire un’installazione commemorativa. 360 paia di scarpe, perché 360 sono le donne uccise in Italia dal 2008 al 2011, a riempire un’intera piazza. Un simbolo silenzioso, eppure potente perché fortemente evocativo del femmineo così ciecamente bramato, da volerlo annientare. Quasi a voler fagocitare morbosamente qualcosa che si vuole sottrarre agli altri: così sono venute meno le centinaia di madri, mogli, figlie, sorelle, amiche. Le cifre ancora più raccapriccianti sono più alte e più recenti. Riguardano circa 7 milioni di donne in Italia, che almeno una volta sono state vittima di episodi di violenza domestica; moltissimi i casi di vittime che trovano la forza di denunciare e che purtroppo non ce l’hanno fatta perché “forse” lo Stato non le ha tutelate abbastanza. Ovviamente, il virgolettato è d’obbligo quando si tratta di pura retorica eufemistica. Quanto è stato fatto ad oggi e quanto resta da fare? Si plaude a una legge sullo stalking entrata in vigore nel 2009, con estremo ritardo rispetto ai Paesi Europei, che poi non viene applicata tout court. Dov’è quella fitta rete di centri di accoglienza e sportelli antiviolenza che dovrebbe ricoprire il Belpaese da nord a sud? Come conoscere approfonditamente un fenomeno costituito da morti più o meno eclatanti – comunque frequenti – se manca un Osservatorio sulla violenza di genere? Allora diventa necessario fermarsi a riflettere, mobilitarsi per un fenomeno che assume i connotati della vera e propria emergenza da affrontare. Femminicidio non è solo violenza fisica; è tortura psicologica, economica, istituzionale rivolta contro la donna “perché donna”. In ballo c’è il più elementare e naturale dei diritti. Il diritto alla vita, priva di terrore. Sfumature diverse, come abbiamo anticipato, che metteranno in evidenza anche la pienezza del legame tra la donna e il cibo. In barba alla proliferazione di vigorosi chef nelle cucine stellate, è proprio il cibo il punto di maggiore esaltazione dell’anima femminile. Il nutrimento è quel trait d’union che vuole i due elementi perfettamente coincidenti nella prima fase esistenziale dell’essere umano. Donna e cibo divengono una cosa sola, dalla nascita di una nuova vita fino alla prima infanzia. E ancora: le mani sapienti di nonne e mamme sono lo scrigno di quelle antiche ricette alla base dell’identità culturale di ognuno di noi. Antichi segreti che avanzano di generazione in generazione e che non si perdono tra le rughe del tempo che passa. Il cibo, le tradizioni, resistono ai secoli e arrivano a noi, per parlarci di chi siamo e di chi eravamo, raccontandoci di quando la cucina era una prerogativa tutta femminile. Del resto, non fu Eva a cogliere quella mela?
Alessandra Maria