Enna. Giovedì Santo con le lamentanze del gruppo folk Kòre nella Chiesa del Popolo e Anime Sante (video)

Enna. Il giovedì Santo, presso la Chiesa di S. Maria del Popolo alle ore 21.00 e nella Chiesa della Anime Sante alle ore 22.00 propone oltre alle lamentanze “A Passioni do’ Signuri”,  brani rievocativi della passione di Cristo quali: “Lu venniri matinu” testo tradizionale, mus. R. Balistreri, il canto funebre siciliano “Ah si versate lacrime” di E. Di Stefano, “Madunnuzza pirchì chiangi” testo di P. Artale mus. Gruppo Cantunovu e al rullar del tamburo rime tratte dai “Misteri dulurisi” del rosario in dialetto.

 

Le lamentanze: Kòre ricerca storica e musicale

 

Il gruppo folklorico Kòre, dopo essersi dedicato alla tradizione musicale natalizia con la ricerca sul territorio di  nenie e canti,  realizzando  il CD  “A cantata de’ pastura”, all’ incisione , in occasione del 600° Anniversario di Maria S.S. della Visitazione, Patrona del popolo ennese il CD “Cantamu a la Madonna” con canti mariani in dialetto, da dicembre si è dedicato ai lamenti tipici ennesi e siciliani per la Settimana Santa.

Da una attenta ricostruzione, pianificata  sulla  ricerca e verificata su   testi storici, manuali di storia della musica, su  sitografie, registrazioni foniche, nonché informazioni e testimonianze orali che appartengono alla  memoria collettiva siciliana ed ennese in particolare, possiamo dedurre che questa particolare forma di canto, le lamentanze, in dialetto siciliano “ i laminti”, hanno  una   provenienza che deriva da  una lunga, lontana e complessa  evoluzione storico-sociale e  musicale avvenuta nel corso dei secoli,  che va  dall’ utilizzo dei modi del canto gregoriano ,  al Medioevo con i trovieri in lingua d’ oil per le forme e le strutture a ballate , dalla dominazione normanna in Italia con Federico II,  all’  affermazione  della lauda e dei   Geisslerlieder o canzoni  dei flagellanti, ad un possibile provenienza araba.

Sant’ Ambrogio, vescovo di Milano, è ritenuto l’organizzatore del canto cristiano per i suoi “modi autentici” , realizzati su due  tetracordi attinti dalla musica antica greca,  ottave  senza alterazioni con soli toni e semitoni senza posto fisso.

Papa Gregorio Magno , nato a Roma  il 540, papa fino al 604 , fu il riformatore dell’ opera di Sant’ Ambrogio, con l’ innovazione di  affiancare ai modi autentici di Sant’ Ambrogio, altri quattro modi ecclesiastici, che presero il nome di “modi plagali” che iniziavano una quarta  sotto, con  il formare delle ottave diatoniche ( scale formate da 5 toni e 2 semitoni,  con disposizioni sempre diverse, in relazione alla tonica),  il tutto con una scrittura quadrata su un  solo rigo, a cui pian piano si aggiunsero  successivamente altri righi.

Le lamentanze hanno attinto dal canto gregoriano l’ utilizzo dei modi autentici di Sant’ Ambrogio e dei modi plagali diatonici di Papa Gregorio, formati sì da 5 toni e 2 semitoni, ma che  occupando sempre un posto diverso rispetto alla tonica, conferivano alla melodia, un carattere specifico insolito, diverso, non appartenente ai due modi del nostro sistema temperato e cioè  al “moderno” modo maggiore e minore.

Inoltre, le lamentanze hanno  il carattere melismatico del canto gregoriano dove sopra ogni sillaba vi è un gruppo di note  in  abbellimento  o fioriture,  e non un carattere sillabico ( una nota sopra ogni sillaba), o neumatico ( più note sopra ogni sillaba).

Con il passar dei secoli, si ebbe un larghissima divulgazione della musica con destinazione esclusivamente liturgica, grazie anche all’ affinamento delle tecniche corali da monodiche a polifoniche e ad  una notazione musicale più universale, ad opera di Guido D’ Arezzo, (vissuto tra il 995-1050 circa) monaco benedettino, che introdusse il rigo pentagrammato e fissò chiaramente a ciascuna nota nella scala le distanze melodiche.

Da qui il fiorire di messe, mottetti, madrigali e forme svariate di composizioni sacre monodiche e polifoniche.

Solo dopo il mille, invece,  i canti profani in latino acquisirono significato e autonomo valore, fino ad arrivare alle liriche profane dei trovatori e dei trovieri ( da trobar- inventare, poetare ), liriche portate in giro dai menestrelli e giullari di corte, che spesso si riunivano in corporazioni o confrèries ( confraternite ).

Le lamentanze hanno ereditato, dalle liriche dei trovieri in lingua d’oìl (lingua  da cui derivò successivamente il francese), la struttura e la forma, con melodie composte da strofe più ritornello, oppure melodie  con frammenti liberi che  di tanto in tanto si ripresentano, ovviamente  non uguali per la trattazione dell’ argomento, perché erano espressamente di carattere amoroso le chanson e di carattere politico e  morale le sirventes.

A tal proposito ricordiamo Adam de la Halle ( 1240-1286 ) poeta e musico presso la corte angioina , al servizio di  Roberto II d’ Artois con le sue liriche religiose, profane, monodiche e polifoniche.

I cantori, musici e poeti così,   raggiunsero la precisione per l’ altezza dei suoni, ma permaneva  il problema della divisione ritmica,  che ancora  non consentiva di stabilire la lunghezza  dei suoni durante l’ intonazione, altro parallelismo con le lamentanze, che sono a ritmo libero, senza tempo, affidate alla libera interpretazione dell’ esecutore.

L’ arte trobadorica si diffuse  in Italia soprattutto presso la corte di Federico II, ma non riuscì  a  raggiungere alti livelli, se non successivamente con il fiorire della lirica in volgare, così si affermò la lauda,  di chiara ispirazione religiosa e liturgica.

Molti trovatori di ritorno dalle crociate contribuirono, forse, alla divulgazione di questa lirica soprattutto nel meridione, diffondendosi  anche come musica dei flagellanti, can la lingua parlata del posto in cui veniva importata. 

La lauda, è la forma più importante di canzone sacra in dialetto del tardo Medioevo e del Rinascimento in Italia , con i laudesi che erano i cultori sensibili al richiamo francescano e con il Laudario, raccolta di laudi, che serviva per istruire i cantori delle diverse confraternite, dove la melodia strofica  era fortemente influenzata dai modi gregoriani e  si cominciava ad orientare verso i moderni modi maggiore e minore.

Anche nelle lamentanze,  si avverte questo avvicinarsi al minore moderno, poi non coincidente con la 6^, o al maggiore dove poi non coincide la7^.

Il Savonarola ne vietò la contaminazione con la musica sacra nel 1480 a Firenze, ma  nel periodo della Controriforma e del Concilio di Trento, la lauda ebbe una rinascita, anche  per la semplicità e leggibilità dei testi, a tal punto da essere appresa facilmente anche da non professionisti musicisti o poeti, permettendo così nel popolo una più facile divulgazione.

“Laudanti” vengono tutt’ oggi chiamati i cantori di lamenti a Pietraperzia, spesso anziani contadini, che cantano le “lamentanze”  raccontando e recitando la Passione di Cristo.

Nel nostro territorio ennese l’ insediamento dei  frati francescani si ebbe  dal 1320 in poi , più tardi rispetto ad altri centri siciliani, in quanto Federico II di Svevia li espulse e solo con Federico III d’ Aragona e  la sua politica di apertura verso la Chiesa di Roma , i frati francescani riuscirono ad affermare la loro presenza non solo in città ma anche in provincia; da questa così forte presenza  si presume che proprio loro abbiano  introdotto  l’uso canoro delle laudi con i relativi testi in volgare nonché il fenomeno  del simulacro e la Processione con il Crocifisso.

Ancor  oggi in varie parti della Sicilia, Tusa, Marineo e Caltanissetta, oltre a quelli della nostra provincia, Enna,  Assoro, Agira, Aidone, Piazza Armerina e Pietraperzia i testi utilizzati per i “laminti”, nei simulacri e nella processioni, sono  laudi  in dialetto arcaico siciliano, in volgare, o un latino un po’ storpiato dal tempo e dalla tradizione  orale, eseguite da voci basse e rauche che spesso ne impediscono la comprensione.

Testi ricorrenti e specifici della Settimana Santa sono: il Popule Meus,  il Visilla (Vexiliu regis), il Prompsit, Apostuli mei, ‘A Simana Santa, ‘A passioni do’ Signuri, A lu munti calvariu, La Cruci Santa, Li vintiquattruri,  Lu venniri di Marzu, Chiangi  chiangi Maria e poi rime tratte dai Misteri dulurusi del Rosario in dialetto.

Da non trascurare pure l’ eventuale possibilità, nonostante lo scarso supporto storico e le quasi nulle conoscenze sulla musica extraeuropea,  per   poter   affermare che le “lamentanze”, sono canti di origine araba, che niente pare abbiano a che vedere con gli arabi per i testi e la descrizione della Passione di Cristo, in quanto  musulmani. Una considerazione, invece, potrebbe essere che i crociati di ritorno dalle guerra Santa abbiano potuto contaminare il canto con gli intervalli di  2^ eccedente, utilizzati nella musica araba, oppure alla loro presenza  nel nostro territorio, quanto da fiorente centro bizantino l’isola divenne di dominazione araba, giustificando così anche l’ uso e la presenza del tamburo..

“ I laminti”, venivano  intonati  da soli uomini durante la Settimana Santa e specificatamente ad  Enna  realizzati nei giorni del Giovedì presso le Parrocchie che espongono il “ S.S.Sacramento” e del Venerdì Santo dietro il fercolo del Gesù morto, differenti dai pianti per i funerali realizzati a pagamento  dagli orfanelli o da donne incaricate  chiamate “ribitanti”, da ribito-pianto.

Intorno agli anni cinquanta questa tradizione popolare non trovò più il consenso della Chiesa e delle amministrazioni, perché il “rinomato freddo” della nostra città durante la Settimana Santa  e la lunghissima Processione del Venerdì Santo,  inducevano questi cantori a bere qualcosa per resistere al freddo e per schiarirsi la voce, così il vino divenne un elemento quasi indispensabile e  gli ubriachi cantori, non  davano più dimostrazione  di bravura, ma di disturbo e indecoroso contegno in un Processione rievocativa sentitissima dal popolo ennese.

Molte erano ‘I putii do’ vinu “ ad Enna che per l’ occasione rimanevano aperte fino a tardi, se ne contavano 4 o 5 solo lungo la Via Vittorio Emanuele, dando così la possibilità di  aspettare il ritorno del fercolo di Gesù “‘nto vinaluru”.

Al  passaggio della “vara”  i confrati allentavano la presa sulle spalle per riposarsi qualche attimo, mentre gli uomini uscivano sull’uscio “da’ putia”  per pregare in lamento.


Il gruppo folklorico Kòre, Presidente Antonella Castagna, dopo essersi dedicato
• alla tradizione musicale natalizia con la ricerca sul territorio di nenie e canti, realizzando il CD “A cantata de’ pastura” ;
• all’ incisione , in occasione del 600° Anniversario di Maria S.S. della Visitazione, Patrona del popolo ennese del 2° CD “Cantamu a la Madonna” contenente tutti canti mariani;
• da dicembre si è dedicato alla ricerca dei lamenti tipici ennesi e siciliani per la Settimana Santa.
Collaborati dalla memoria popolare dei nostri anziani, supportati da testimonianze scritte e foniche reperite dopo un’ attenta ricerca, che ne attestano la veridicità e l’antica presenza, soprattutto durante il Venerdì Santo dietro il fercolo di Gesù morto, il gruppo Kòre si è cimentato a realizzare questi “ laminti”. Saranno proposti oltre alle lamentanze brani rievocativi della passione di Cristo quali: “Lu venniri matinu” , la marcia funebre siciliana più famosa “Ah si versate lacrime”, “Madunnuzza pirchì chiangi” e al rullar del tamburo alcune rime tratte dai “Misteri dulurisi” del rosario in dialetto.