Leonforte. Il fonte di Tavi e le favare
Leonforte - 21/08/2013
Leonforte. Il fonte di Tavi insieme all’omonimo castello dava identità a un ampio territorio. Il fonte trovandosi lungo la strada che da Castrogiovanni conduceva a S. Filippo di Agira consentiva ai mandriani e ai mercanti una sosta per abbeverarsi e per scambiare qualche chiacchiera, divenendo così un punto di incontro sociale e di affari.
Nei pressi delle sorgenti i vasai avevano i loro laboratori e dai casali vicini la gente vi si recava per acquistare tegole, mattoni, pignatte e recipienti d’ogni sorta essendo ivi numerosi i banchi di argilla.
A Tavi vi si recava anche per molire il grano, i legumi e la canna da zucchero e per comprare le balate di sale, i limoni, i prodotti della pastorizia e della terra.
Il commercio si basava sul baratto “cose in cambio di cose” e presumibile che sullo spiazzo antistante la fonte si alloggiassero i banchetti su cui veniva esposta la merce.
La favara
Le donne si recavano alla favara quotidianamente per riempire le quartare o per lavare i panni. I lavatoi erano diversamente strutturati: alcuni in muratura erano coperti con tegole e sterpi e permettevano di lavare all’ombra e al riparo dalle intemperie. Il più delle volte però i lavatoi erano costituiti da semplici lastre di pietra scavata per l’usura e posta lungo i ruscelli. Le donne così poste al riparo dagli sguardi indiscreti lavavano e stendevano i panni su lunghi filari per poi raccoglierli e riportarli a casa a mò di fagotto, posto sopra la testa. A Leonforte nella parte sud vi è una strada che conduceva alla favara che dava il nome alla via e al quartiere limitrofo, la Favarotta.
Sono stati usati termini dialettali di origine araba che di seguito riporto: balata, dall’arabo balath ossia grossa lastra. Quartara da quitar ossia brocca. Favara da fawarah ossia sorgente d’acqua.
Gabriella Grasso