Leonforte. Si avvia a conclusione il processo sulla morte di Gabriella Gallo

Era l’11 marzo del 2011 quando Gabriella Gallo moriva “di parto”. Sono occorsi quasi sei anni per scoprire che non è morta di parto, Gabriella Gallo, ma di C.I.D. ossia di coagulazione intravascolare disseminata cioè di emorragia dovuta a placenta accreta non tempestivamente rimossa con isteroscopia. Il 19 gennaio del 2017 la dottoressa Giusi Sinardi, pubblico ministero nel processo, ha ricostruito, minuziosamente, i fatti che portarono alla morte di Gabriella Gallo, dimostrando con riferimenti, citazioni, ricostruzioni e verbali, l’imperizia e la superficialità dei medici coinvolti, per i quali ha chiesto tre anni e due mesi di reclusione.
Durante il suo intervento la dottoressa Sinardi ha ricordato l’assenza nei tabulati telefonici del 118 o SUES. Dal Ferro/Branciforti/Capra non partì nessuna chiamata al 118 e dunque l’elisoccorso non partì perché non venne chiamato.
Durante il suo intervento la dottoressa Sinardi ha letto le perizie mediche testimonianti la possibilità di salvare una partoriente con placenta accreta, diagnosticabile e intuibile da fatti conclamati nel caso in questione: l’età, i cesarei pregressi, la placenta previa e le minacce d’aborto nel primo trimestre di gravidanza. L’ ecografia è l’esame diagnostico d’elezione, per confermare i sospetti di placenta previa. Tuttavia, per alcune gestanti, la rivelazione è casuale, a seguito di un normale controllo di routine. La placenta accreta invece si rivela al momento dell’incisione per l’eccessivo sanguinamento: “l’incisione scatena una fontana di sangue arrestabile solo con l’immediata isterectomia”. Questa da letteratura medica, questo dal dottor Dones, c.t.u. e ginecologo al Policlinico universitario di Palermo, che ebbe a dichiarare: “in circa quarant’anni di carriera di casi analoghi ne ho avuti quindici, ma nessuno si è risolto con la morte della partoriente”. “La placenta accreta non è letale, letale è la superficialità medica con cui la si affronta”, ribadiscono gli avvocati di parte civile.
Quanto sopra scritto ha coinvolto sei medici dal profilo professionale diverso, ma tutti egualmente colpevoli, a detta del p.m. Sinardi, di negligenza e superficialità. L’emergenza paventata alle 15 e 30 si è risolta con un cesareo alle 18 e 45 e l’isterectomia che avrebbe dovuto seguire il cesareo, immediatamente, dalle 19 si è eseguita solo alle 21 ed il trasporto in un ospedale munito di rianimazione, di cui l’F.B.C. difettava così come difettava dell’emoteca, del centro emotrasfusionale e della neonatologia, si è effettuato all’1 e 40 perché l’ambulanza non era pronta per quell’emergenza.
“Queste carenze strutturali erano note ai medici, che hanno osato per un sospetto infondato, causando la morte di una donna di 34 anni colpevole di aver voluto una terza gravidanza e di essersi fidata di medici “incauti” e di un ospedale inefficiente” chiosano i familiari di Gabriella Gallo.
A breve il giudice La Placa, sentenzierà su questa morte anacronistica eppur vera.