Nicosia: giornata di festa e riflessione sulla figura del proprio santo compatrono San Felice

Oggi per la città di Nicosia è una giornata di festa e riflessione sulla figura del proprio santo compatrono, San Felice, nato in questo paese e qui morto il 31 maggio.
Sulla figura di San Felice da Nicosia tanto è stato scritto e tanto ancora si scriverà. La Sua figura è molto radicata non solo all’interno della città di Nicosia, dove ne è compatrono (il patrono della città è San Nicola di Bari), ma anche nell’entroterra Siciliano. Si ritiene opportuno, quindi, dare qualche notizia storica per meglio inquadrare e contestualizzare il personaggio.
Siamo agli inizi del ‘700, ben lontani ancora dai moti rivoluzionari e dal progresso tecnico e industriale che avrebbero contraddistinto sia questo che il successivo secolo. E la lontananza è ancor più rimarchevole non solo storicamente, ma anche geograficamente, trovandoci infatti nella “periferia della Storia” che è l’entroterra siciliano (ai tempi sotto il dominio spagnolo). Ed è qui, precisamente nella prospera città di Nicosia, che nacque, nel 1715, Filippo Giacomo Amoroso (questo il nome secolare del nostro Santo), figlio del calzolaio Filippo Amoroso e di Arcangela La Nocera. Una famiglia semplice e umile che, come molte al tempo, cresceva i propri figli a “pane e religione”. A tre anni perse il padre e crebbe tra grandi sacrifici, grazie anche alla forza d’animo della madre, figura senz’altro fondamentale per la sua vita terrena e religiosa. Divenne talmente sensibile e devoto al cattolicesimo che, ormai ragazzo, frequentando la bottega del calzolaio Giovanni Ciavirelli, soffriva, e non poco, non tanto la fatica del lavoro materiale, quanto il linguaggio scurrile e non certo ortodosso che veniva usato in quell’ambiente. Ma fu proprio lì che si compì quel primo miracolo che le cronache e le agiografie gli attribuiscono e cioè la riparazione, mediante il semplice passaggio del proprio dito bagnato di saliva, di un pezzo di cuoio distrattamente tagliato da un suo collega apprendista che, come lui orfano di padre, dava da mangiare alla propria famiglia grazie a quel lavoro.
Ma il lavoro di calzolaio, seppur condotto con dovizia e diligenza (stando a quanto si racconta), non era la strada di Filippo Giacomo che, nonostante il problema di essere analfabeta, voleva ardentemente entrare in convento. Fu un’attesa lunga anni ma che venne, infine, esaudita con l’ammissione nel convento nella vicina cittadina di Mistretta. Ed è in questo momento che il nostro Filippo Giacomo diventa Fra Felice, nome datogli in onore di Fra Felice di Cantalice.
Dopo un anno di permanenza a Mistretta, finalmente si ebbe il ritorno a Nicosia. Fra Felice cominciò subito la propria missione incentrata tutta sulla misericordia e la carità verso i poveri. Il frate soleva, infatti, visitare tutte le case della città: visitava le case dei ricchi per la questua diretta ai poveri e visitava le catapecchie per prestare conforto agli ultimi. Grande esempio di pazienza e di umiltà, amava paragonarsi ai muli da soma (caricato della, sempre presente in ogni raffigurazione, bisaccia) e sopportava, potremmo dire, con grande stoicismo qualsiasi rifiuto, problema, burla e scherno (soprattutto da parte dei confratelli e del Padre Superiore) riconducendo il tutto alla frase “Sia per l’amore di Dio”. Una frase che lo rende tutt’oggi celebre e che lo accompagnò per tutta la lunga vita terminata il 31 maggio 1787.
Di aneddoti legati a opere miracolose attribuite al Frate ve ne sono tanti. Si narrano infatti di guarigioni miracolose (non solo di singole persone, ma anche di intere comunità quale quella della vicina Cerami) e di episodi anche a volte inusuali (riaccendere una candela da lontano, resuscitare una colomba morta, raccogliere dell’acqua con un paniere senza perdere una goccia) ma che aiutano a dar vita a un culto ben radicato sulla persona del frate sin dalla sua morte. Un culto riconosciuto dalla Chiesa e che culmina nel 1888 con la beatificazione, da parte di papa Leone XIII (1878-1901), e la successiva canonizzazione, da parte di papa Benedetto XVI (2005-2013), nell’ottobre del 2005.
Per Nicosia è, ovviamente, motivo di orgoglio il poter annoverare un Santo tra i propri figli, anche se oltre a San Felice è originario di Nicosia San Luca Casale e persino (ma qui è dubbia anche perché all’epoca, VII secolo, neppure esisteva Nicosia) un papa, Leone II, sarebbe originario di questo territorio. Ma il motivo di orgoglio non sia solo fine a se stesso e prettamente legato alla sfera religiosa. Nicosia può dare tanto in termini di risorse umane e materiali e la storia, nonché il patrimonio storico artistico presente, lo dimostra. La speranza è che la ricorrenza odierna faccia rinascere nel cuore del nicosiano l’amore per la propria terra e la consapevolezza dell’importante passato che permea in ogni vicolo e stradina del paese. Perché questi vicoli e stradine, magari le stesse percorse da San Felice, non devono un domani essere popolati solo da fantasmi a causa della sempre più pesante migrazione che, purtroppo, Nicosia, come gli altri paesi limitrofi, sta vivendo.

Alain Calò