Coronavirus, Ance “in Sicilia crisi più pesante”

“La crisi del coronavirus in Sicilia la soffriamo molto più degli altri. Ed è per questo che le opere devono essere sbloccate al più presto”. Lo ha dichiarato Fabio Sanfratello, vicepresidente nazionale di Ance e già presidente di Ance Palermo, a margine di un’iniziativa organizzata nel capoluogo siciliano.

“Sbloccarle – ha spiegato ancora l’imprenditore – non vuole dire fare immediatamente le gare ma portare a compimento tutti i progetti. L’amministrazione, con i poteri straordinari, e il presidente della Regione potrebbero farlo benissimo con una deroga del governo nazionale. Si potrebbero sbloccare tutte le gare e i fondi stanziati per il Mezzogiorno, circa 16 miliardi di euro, e fare partire i cantieri immediatamente, dando così una grossa mano al settore”.

Presente all’incontro di Palermo con le imprese dell’Ance Sicilia e con il governo regionale, anche Gabriele Buia, presidente nazionale dell’Associazione nazionale costruttori edili.

“Nelle zone rosse – ha spiegato – i cantieri sono fermi, in quelle gialle sono rallentati dal tardato arrivo delle forniture. In Italia il settore delle costruzioni, che attiva l’80% del sistema industriale nazionale e si concentra per il 70% sul mercato interno, si sta bloccando, con gravi conseguenze negative per il Pil del Paese”.

Buia, riferendosi al confronto in corso con il Governo nazionale sull’impatto economico dell’emergenza coronavirus, ha illustrato la piattaforma Ance: “Chiediamo subito ammortizzatori sociali in deroga per le imprese, la sospensione dei pagamenti fiscali e contributivi e la riapertura dei cantieri per spendere 70 miliardi già disponibili, di cui 16 per il Sud”.

Il problema, gli è stato chiesto dai giornalisti, è come farlo, dato che la burocrazia poi blocca tutto: “Nel governo si parla di commissari straordinari e di modello Genova – ha risposto Buia -. Abbiamo detto al premier Conte che se oggi ci vogliono 10-15 anni per fare una grande opera, i due terzi del tempo passano per le autorizzazioni fra il progetto e il bando di gara. Quindi bisogna snellire questo percorso, piuttosto che derogare alle norme sulle gare”.

“Per noi – ha continuato Buia – ricorrere a misure straordinarie non significa derogare al Codice degli appalti come hanno fatto per il commissario di Genova, perché simili procedure vanno bene in caso di disastri che richiedono risposte immediate. Non va bene neppure il modello utilizzato per il cratere del terremoto, il cui commissario di fatto non ha poteri e non ha potuto spendere nulla. Secondo noi – ha sottolineato Buia – per l’emergenza in corso occorre semmai che la velocità diventi la normalità. Cioè, ridurre i tempi delle procedure a monte della gara, con un modello commissariale tipo quello adottato per la Napoli-Bari, col quale, all’interno del Codice degli appalti e con regole chiare e procedure trasparenti, si è riusciti a ridurre di 2 anni l’iter burocratico per le autorizzazioni fra i progetti e i bandi, ambito circoscritto alla sola pubblica amministrazione nel quale non intervengono né le imprese né si corre il rischio di corruzione. Poi si facciano le gare regolarmente, a norme vigenti e con tutti i dovuti controlli, perché non vogliamo scorciatoie alle procedure di aggiudicazione. Anzi, reiteriamo la richiesta di qualificare le stazioni appaltanti e di avere nelle commissioni di gara due funzionari pubblici e uno dell’Anac”.

“Oggi si blocca tutto – ha detto Buia – perchè i funzionari, col ginepraio di leggi e interpretazioni, temono di incappare nel reato di abuso d’ufficio e nel danno erariale e prima di firmare aspettano una sentenza del giudice. E, soprattutto, si preoccupano di eventuali interventi dell’Anac. Non si può bloccare l’intera filiera in attesa delle autorizzazioni. Per prevenire tutto ciò, chiediamo al legislatore di ridefinire i parametri dell’abuso d’ufficio e del danno erariale, e che l’Anac non intervenga prima del bando, ma venga nei cantieri, accanto alle imprese durante l’esecuzione dei lavori”.

Infine, Gabriele Buia ha sollecitato l’avvio di un piano straordinario per le piccole e medie opere, per le manutenzioni degli edifici pubblici, per il rischio sismico e idrogeologico e, in particolare in Sicilia, anche per il completamento del piano delle fognature e dei depuratori.

Da parte sua, il governatore Nello Musumeci ha dichiarato che “in Sicilia i nemici sono la legge nazionale vigente e la burocrazia. Alla Regione l’ultimo concorso risale al 1991: su 13 mila dipendenti regionali il più giovane ha 51 anni. Per lo più sono poco motivati, si preoccupano dell’Anac e sono lenti. Per ovviare, almeno sul fronte della viabilità disastrata, provai un anno e mezzo fa a chiedere al governo nazionale o di restituire poteri e fondi alle province o di nominare un commissario: l’allora ministro mi chiese di indicare un nome, feci quello del provveditore regionale Gianluca Ievolella, un dirigente statale, ma da allora non si è fatto nulla”.

“Ecco che oggi – ha incalzato Musumeci – di fronte a questa nuova emergenza torno a chiedere a Palazzo Chigi un piano straordinario di investimenti pubblici al Sud e in Sicilia con la concessione di poteri commissariali tipo Genova per la riapertura dei cantieri, non solo di quelli delle incompiute, ma anche di tutte le nuove opere finanziate con i fondi Ue, Fsc e dell’edilizia scolastica”.

Musumeci è convinto che “l’Anas non sia più in grado di risolvere situazioni di emergenza in tempi brevi: il ponte Himera interrotto da 5 anni è l’emblema della sua inefficienza”.

Infine, l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, nell’elencare alcune importanti interventi che la Regione conta di porre in gara entro giugno, ha osservato: “Ci sono in campo grandi opere per 1,2 mld, ma in questi cantieri la produzione non raggiunge il 24% perché il sistema delle imprese è fragile, vanno aiutate”.
(ITALPRESS).

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