Il Chiello Covid free e la petizione dell’Ecomuseo “I semi di Demetra”

“Il buon senso c’è ma se ne sta nascosto per paura del senso comune”

Ho questo articolo in punta di lingua e di penna da molti giorni, anche prima che fosse lanciata la petizione dell’Ecomuseo “I semi di Demetra” di Aidone. Molte cose mi hanno trattenuto non ultimo il tono di guerra tra i poveri che si è scatenato tra le tifoserie del Chiello e dell’Umberto I e che è spesso scaduto ad un livello inaccettabile. Mi spinge l’esigenza di fare un po’ di chiarezza, consapevole che spesso sui social gli strali vengano lanciati basandosi sul titolo, senza neppure prendersi la briga di leggere né l’introduzione del post, né gli articoli postati. Si guarda già prevenuti, senza neppure provare ad ascoltare le ragioni di quella che viene ritenuta la parte avversa, il nemico da abbattere con le armi affilate delle parole e del turpiloquio. Non voglio toccare nessuno altro dei tanti argomenti che meriterebbero approfondimenti, per non distogliere l’attenzione dal principale.
Non è stato facile per il direttivo e l’assemblea dell’Ecomuseo di Aidone, costituita anche dai presidenti delle associazioni che ne fanno parte, prendere la decisione di lanciare una petizione; si era ben coscienti dell’effetto deflagrante che avrebbe potuto avere, ma è stato ritenuto necessario rompere il muro di omertà che si è creato attorno alla gestione dell’emergenza Covid-19 appena scalfita da appelli, articoli, confronti tv, tenuti in nessun conto dalla suprema dirigenza dell’ASP4. In Aidone ad un certo punto ci siamo sentiti come il manzoniano vaso di argilla in mezzo ai vasi di ferro che continuavano a oscillare nell’intento di scontrarsi tra di loro. Ed è di questo senso di impotenza e frustrazione che si è fatto portavoce l’Ecomuseo attraverso la petizione e il Consiglio Comunale, con l’invio di una nota chiara ed inequivocabile al Dirigente generale dell’ASP, all’Assessore Razza e al Presidente Musumeci.
In calce si potrà leggere comodamente il testo della petizione, qui vorrei spiegarne le motivazioni e le richieste nel modo più semplice possibile per non dare adito ad ulteriori ambiguità e strumentalizzazioni.
Qual è lo stato dell’arte?
L’ospedale Umberto I è riconosciuto Covid19 ma mantiene percorsi differenziati per i reparti esclusivamente Covid e altri aperti anche all’assistenza ordinaria. Lo stesso si può dire degli ospedali di Leonforte e di Nicosia. L’unico ospedale della provincia esclusivamente Covid-free è l’ospedale Chiello di Piazza Armerina, soprattutto per quanto riguarda la Chirurgia Generale, l’Ortopedia, la Nefrologia, l’Urologia che servono tutti i comuni della ex provincia, più i comuni limitrofi appartenenti alle province di Catania e di Caltanissetta. Sia la normativa di emergenza a livello nazionale e regionale, ma anche la comune norma di buon senso, prevedono che non ci siano occasioni di contaminazione tra i centri Covid-19 e quelli Covid-free.
É chiaro e condivisibile questo principio?
Ebbene fin da quando questa organizzazione ha cominciato a palesarsi, pur richiamandosi alla normativa vigente, è stato fatto obbligo ai chirurghi, agli ortopedici, ai nefrologi, ai pediatri del Chiello, di fare dei turni di servizio nei reparti Covid19 di Enna, per fare ritorno subito dopo all’ospedale armerino a svolgere il loro regolare servizio. Se questa non è contaminazione come si può chiamare? E se contaminazione ci sia stata a farne le spese sono il resto del personale sanitario, i pazienti e le famiglie dei malcapitati.
È solo questo che, da settimane, si chiede ai due dirigenti generali: cercare soluzione diverse della turnazione giornaliera. La più logica, lo può vedere chiunque, sarebbe stata quella di destinare all’Umberto I, anche su base volontaria, un congruo numero di personale per tutto il tempo necessario, evitando che questi medici abbiano bisogno di rientrare nel proprio ospedale e presso le proprie famiglie. Troppo facile da capire, due più due fa sempre quattro, dappertutto ma non nella casa ASP4 di Enna.
Si è scatenato il finimondo! Una richiesta di buon senso, destinata solo a garantire la salute di sanitari, pazienti e famiglie e di tenere pulito l’ospedale Chiello, che doveva restare esclusivamente Covid-free, si è trasformato nell’occasione per tirare fuori tutto l’astio di cui sono capaci due comunità cittadine che si sono combattute per decenni. Da una parte il senso di vittimismo dei piazzesi che da decenni si sono visti sfilare da sotto il naso tutti gli uffici governativi e per ultimo, in una penosa agonia, anche lo stesso Ospedale Chiello; dall’altro un sentimento di rivalsa degli ennesi che si dichiareranno vinti quando finalmente potranno danzare sulla carcassa del nemico. Per non parlare di tutte le anime belle che hanno visto in questa richiesta -invero avanzata dalla cittadinanza e non dai medici del Chiello che hanno continuato a fare i turni di servizio a cui sono chiamati, obtorto collo e per senso di dovere- una forma egoistica da parte dei medici piazzesi, una mancanza di solidarietà, una forma di discriminazione e chi più ne ha, più ne mette. Molti sicuramente in buona fede. Purtroppo nel mezzo ci sta la salute di tutti.
É così difficile capire che il cittadino ennese, barrese, carrapipano, nicosiano, agirino, che ha bisogno di un qualunque intervento chirurgico di urgenza DEVE andare obbligatoriamente a Piazza Armerina? C’è la consapevolezza che una volta qua, sia al pronto soccorso che in sala operatoria, può trovarsi davanti un medico che poche ore prima era a contatto con pazienti positivi al Coronavirus?
Franca Ciantia

*Il testo della petizione indirizzata alle autorità locali, regionali e nazionali, firmata dalla presidente dell’EcoMuseo Prof.ssa Maria Rosaria Restivo e dai presidenti di otto associazioni: Comitato cittadino, Archeoclub d’Italia Onlus “Aidone-Morgantina”, Associazione Donne Adonesi, All’improvviso, Associazione musicale V. Bellini, N.O.I.S., Università del Tempo Libero, Legambiente- Piazza Armerina.

“ Sulla base dei Decreti Legge emanati per fronteggiare l’epidemia di Coronavirus, l’ospedale Umberto I di Enna è stato dichiarato centro COVID-19, mentre l’ospedale Chiello di Piazza Armerina continua ad operare per l’ordinaria attività e per le urgenze. Accade purtroppo che, nonostante i ripetuti allarmi lanciati nelle ultime settimane, per esigenze logistiche legate alla pandemia i medici dell’Ospedale Chiello di Piazza Armerina siano chiamati a prestare servizio anche presso le unità Covid 1, 2, 3 di Enna, per poi fare ritorno alle loro mansioni istituzionali.
Com’è comprensibile, questa turnazione dello stesso personale da una struttura ospedaliera riservata all’emergenza COVID-19 ad un’altra esclusivamente dedicata alle altre emergenze sanitarie è un’azione estremamente preoccupante, poiché tutte le volte che i medici dell’Ospedale Chiello di Piazza Armerina sono chiamati a sostenere turni di lavoro all’Umberto I di Enna e fanno ritorno alla struttura Covid-free viene messa a serio rischio l’incolumità non solo dei sanitari, dei pazienti del presidio piazzese e di tutta la popolazione.
CHIEDIAMO
– che vengano revocati ai medici tutti gli ordini di servizio già emanati e che non ne vengano più emanati;
– che vengano sospese tutte le decisioni organizzative che mettano a rischio la salute dei cittadini e dello stesso personale sanitario;
– che vengano tutelati e forniti gli opportuni presidi a tutto il personale sanitario e ai pazienti di tutti gli ospedali dell’ASP 4.