Nicosia: giornate FAI “spettacolo” all’interno della chiesa di San Michele

Nel Vangelo troviamo scritto che Gesù Cristo scacciò i mercanti dal tempio perché, giustamente, ci sono luoghi e luoghi dove fare certe cose. Ma poi arrivarono le giornate del FAI e nel tempio (non quello di Gerusalemme stavolta) alcuni ci allestirono lo spettacolo duemila anni dopo e, parafrasando a nostro scopo una frase delle celebrazioni eucaristiche, non hanno fatto “cosa buona e giusta”. E a giudicare dalle immagini siamo proprio davvero ad una cosa che non è né buona né giusta, avendo trasformato un luogo sacro come una Chiesa in un teatro tra recital di poesie e performance folkloristiche. È quanto accaduto nella chiesa di San Michele Arcangelo, perla all’interno di Nicosia, che vale certamente la pena valorizzare e far conoscere (e quindi un plauso al FAI). Ma la conoscenza e la valorizzazione non deve trascendere dal rispetto della sacralità del luogo. La chiesa, infatti, è un luogo consacrato al culto e non certo un luogo dove effettuare imprese del celebre palio (con tanto di ripresa) per il diletto degli spettatori. Come non è neanche il luogo adatto per recitare poesie, anche se esse sono di certo pregio e di un grande poeta. Per non parlare, ma questi sono ormai dettagli, del fatto che la Chiesa sia un luogo chiuso e anche se ci stanno tutti i Santi in paradiso bisogna lo stesso tenere la mascherina in quanto ancora gira un cosetto piccolino piccolino chiamato coronavirus. Peccato, quindi, per gli apprendisti Ciceroni e i vari visitatori che avranno ricevuto e dato un’informazione sbagliata su che cosa sia un determinato monumento rispetto ad un altro. Un’occasione persa per poter far apprezzare meglio la ieraticità e l’importanza di un certo luogo trasformato in teatro. E a questo punto ci chiediamo: ma il parroco? Dove stava il parroco? Che fine han fatto i Don Camillo che, aldilà di tutto, sapevano ben distinguere il momento “popolano” dal momento “sacro”? Possono le nostre chiese ridursi a teatri? Perché, se così fosse, peccato (anzi per fortuna) che lo stato di emergenza è finito in quanto gli attori di teatro potevano trovare altri luoghi in cui effettuare le loro performance senza obblighi di green pass.
Noi ci auguriamo che la Diocesi prenda provvedimenti e che comunque prenda quantomeno le distanze da questo spettacolo “poco ortodosso”. Ci auguriamo anche che gli enti coinvolti si scusino perché di certo quello non era il luogo adatto per fare certe cose… chissà magari la prossima chiesa che vorranno valorizzare la rispetteranno per il suo valore e non con altro… e tra quell’ “altro” inseriamo anche un cesto di biscotti tipici, libagioni che ci fanno capire, dato che siamo in Chiesa, che non di solo pane vive l’Uomo, ma anche “du biscottu bagnatu cu vinozzo” (sul vino non abbiamo foto e ci auguriamo che, almeno quello, non sia girato, al più chiudiamo un occhio se girò il Vin…Santo!).
Alain Calò