Enna. “La scuola fa schifo”, la maglietta provocatoria di uno studente alla maturità

“La scuola fa schifo”: fa discutere la maglietta provocatoria indossata da studente ennese alla Maturità.

“Mi hanno detto di vestirmi in maniera consona alla prova che affronterò. Non c’è modo più consono di questo”. È il testo di una lettera inviata a molte redazioni giornalistiche da Francesco Intraguglielmo, studente 19enne del liceo scientifico Pietro Farinato di Enna che affronta la prima prova dell’esame di maturità. Il ragazzo, che ha fondato un movimento “Rivoluzioniamo la scuola”, seguitissimo su TikTok, si è presentato in aula con una t-shirt bianca su cui era impresso lo slogan “La scuola fa schifo”.
“Arrivato alla maturità – spiega – non ho cambiato idea, il sistema scolastico italiano fa schifo. In questo Paese la scuola è l’ultima ruota del carro. Nessuno pensa a noi. Noi maturandi abbiamo perso quasi due anni di scuola. Siamo uno dei paesi in Europa che ha fatto più Dad. In quel momento non capivamo a pieno quanto ci stavano togliendo ma adesso che siamo alla fine del percorso abbiamo preso consapevolezza”.
“Quei due anni – racconta il 19enne – hanno fatto emergere tutti i problemi di questo sistema scolastico: digitalizzazione assente, nessun argine per l’abbandono scolastico, didattica frontale poco stimolante, strutture fatiscenti, personale poco formato, mal pagato e demotivato. E, nonostante tutti sapessero in che stato versasse la nostra scuola, la prima cosa che si sacrificava era proprio quella. Quando doveva essere l’ultimo luogo ad essere chiuso. Migliaia di studenti che vengono dalle famiglie più svantaggiate, si sono arresi. Noi fortunati, che stiamo affrontando la maturità, alla fine abbiamo riempito alla meno peggio le lacune che si sono create in quei mesi bui e ci arrabbiamo per tutti i momenti che abbiamo perso e che non riavremo mai”.
“Non mi sarei mai dato pace se non avessi, durante la maturità, momento simbolo dell’anacronismo di questo sistema, tentato di attirare l’attenzione su una scuola che è ormai in cenere, il luogo che è la base del nostro sistema democratico abbandonato a sé stesso. Per questo – prosegue Francesco – ho indossato questa maglia e scritto questa lettera. Noi non andremo più a scuola ma altri studenti varcheranno quelle porte e combatterò per fare in modo che abbiano un’esperienza migliore della mia”.

Tra i tantissimi post che girano sui social si riporta quella del docente universitaria Prof. Guido Saraceni:
Uno studente di diciannove anni si è presentato così alla prima prova dell’esame di Stato.
Ha risposto, con questa t-shirt, all’appello con cui i suoi docenti avevano pregato i ragazzi di indossare un abbigliamento consono all’occasione.
A me questa t-shirt non piace. Non ci trovo davvero nulla di particolarmente intelligente, di esemplare o di coraggioso nell’indossarla.
Perché “la scuola italiana fa schifo” è un giudizio assoluto e populista, ricco di qualunquismo becero ed estremamente povero di senso.
Non a caso sta bene come slogan su una t shirt.
Potremmo discutere ore sui meriti del sistema scolastico pubblico che, pur essendo l’ultima ruota del carro, ha formato scrittori, ricercatori e scienziati di altissimo rilievo internazionale.
Potremmo ricordare il grande successo ottenuto – in Italia e all’estero – da tanti “cervelli in fuga” che di certo, prima di fare i bagagli, sono stati formati da questa scuola schifosa.
Potremmo sottolineare che quel giudizio è uno schiaffo sul viso di migliaia di docenti che lavorano al massimo delle proprie possibilità per pochi spicci al mese – combattendo contro disagi e disservizi di ogni tipo.
Potremmo rimarcare che non è tanto la scuola a fare “schifo”, semmai è la classe politica italiana ad avere tante e gravi colpe per il modo in cui l’ha trattata e ancora la tratta.
E comunque non avremmo raggiunto il cuore del discorso.
Perché il cuore del discorso è che la Scuola è fatta anche e soprattutto dagli studenti.
Da quelli che si impegnano. Da quelli che la prendono seriamente. Da quelli che rispettano i compagni e l’istituzione.
E da quelli che pensano di fare qualcosa di utile e di costruttivo scrivendo un insulto su una maglietta.
Questo slogan dà un ceffone sul viso a tutti loro, che veramente sono parte essenziale e cuore pulsante della scuola italiana.
Implica una presa di distanza e un’auto assoluzione da vittime sacrificali che a me piace davvero poco.
La cosa peggiore non è che lo abbia pensato un ragazzo appena maggiorenne: io non ho davvero nulla contro di lui, anzi, ne giustifico pienamente l’insofferenza e la modalità espressiva, quello che mi disgusta è che stia ricevendo il plauso incondizionato di centinaia di migliaia di adulti cresciuti a pane e populismo, la nitida espressione di un Paese di disfattisti che da sempre risolve i problemi più complicati grazie a slogan di dodici parole.
Fa tutto schifo.
Come no.
Ma quando c’è da andare a votare, da sempre, preferiscono andare al mare.
Fa tutto schifo.
Come no.
Ma il punto più alto del loro impegno politico è scriverlo su una t shirt.
Tipicamente italiano.