Cerami: le azioni dell’ex vescovo Muratore fanno venire i nodi al pettine – Lettera della Vice Sindaco

Più o meno l’anno scorso questo spazio online lanciava un grandissimo allarme su quanto stava avvenendo nella Diocesi di Nicosia. L’allora vescovo uscente Muratore, infatti, decideva di calare dall’alto (letteralmente) un vero e proprio “valzer dei preti” che, per quanto possa essere ineccepibile con la scadenza dei nove anni di ciascun parroco, portava con sé il fatto che lo spostamento, a poco tempo dalla fine del mandato da Vescovo, dei preti dalle loro comunità avrebbe da un lato creato in breve e in lungo termine uno “scollamento” tra gregge e pastore, dall’altro lato avrebbe praticamente reso il nuovo Vescovo un parafulmine di questo errore (e quindi sarebbe stato auspicabile che al nuovo Vescovo fosse lasciato il compito di confermare o rimuovere i vari preti da una parrocchia). Già sin da subito le varie comunità “vittime” di questo valzer avevano espresso le loro perplessità che abbiamo anche riportato in più articoli. Ma Muratore, ormai lo conosciamo già (ai tempi ci appellavamo speranzosi), al posto di aprire un dialogo ha preferito bollare il tutto come “piccoli punti di vista” che deturperebbero la “bellezza” (forse ci andò meglio di quella manifestazione di libri additata dallo stesso come “ingombrante”). Peccato che la “bellezza” non sia l’esteriorità di un ramo di mandorlo (citando un’immagine caro al nostro), ma la funzionalità di quel ramo che produca frutto. Perché se non produce frutto o produce altro, può essere bellissimo, ineccepibile ma sostanzialmente inutile per non dire dannoso (perché magari al posto di quel bellissimo mandorlo che non produce niente potrebbe starci un ciliegio che produca quintali di frutta). E non ci voleva Cassandra a capire che ci sarebbero stati problemi nel prendere decisioni chiusi in una fortezza di cristallo “scollati” dalle esigenze espresse dal popolo, perché seppur Nicosia meriterebbe di entrare nel Guinnes dei Primati per la velocità con cui è stata conferita a Muratore la cittadinanza onoraria (tanto che ormai la gente dice “è un uccello? È un aereo? No! È una cittadinanza onoraria”) nella consegna di quella onorificenza c’erano pressoché 4 amici al bar (e qui, per chi vuole approfondire tutta la vicenda, può trovare i passati articoli vedendo come già allora avevamo posto delle domande sull’effettivo merito di Muratore). Tutta questa premessa ci porta ad analizzare il caso di quanto sta avvenendo a Cerami perché, come dice la saggezza popolare, “chi semina vento, raccoglie tempesta”. Cerami, infatti, si vide catapultata la figura di don Basilio Agnello e sin da subito c’è stato un sempre più allontanamento tra pastore e gregge. Diversi Ceramesi, in questi mesi, hanno sempre lamentato che qualcosa “non stava andando bene” con il parroco sempre più arroccato in una fortezza di cristallo e poco propenso ad un confronto. E alla fine sono arrivati i nodi al pettine con la celeberrima festa della Madonna della Lavina, festa (non ce ne vogliano le altre) forse tra le più sentite dai Ceramesi tanto da coinvolgere chiunque, in primis il Comune, come peraltro testimoniato dal Pitrè (quindi collaborazione ultracentenaria). Ebbene, oggi a Cerami è scoppiata una vera e propria indignazione di massa sul comportamento di Don Basilio Agnello che, alla sua prima festa della Lavina da parroco, ha deciso, come si può leggere nella moltitudine di post sui vari social, di arroccarsi nelle sue posizioni senza dialogo o condivisione alcuna col popolo. E i risultati, aldilà dello sdegno popolare, si vedono in maniera tangibile con degli eventi, che ormai erano tradizionali, o cancellati o modificati. E non è tanto o solo il Cantante “di grido” che faceva di questa festa un momento in cui si riversavano centinaia di persone dai vari paesi limitrofi, ma anche aspetti della festa religiosa (e tutto quel folklore che vi è dietro) che non è solo nel DNA della festa, ma di ogni ceramese e anche dei tanti non ceramesi che per devozione si recavano in massa in questo paesino. Ed è talmente radicato questo spirito da far sorgere dei gruppi spontanei per poter sopperire alle notevoli mancanze di quest’anno di chi pensa di poter organizzare tutto da solo (ad esempio si è formato un gruppo spontaneo dei celebri “tamburinai”). Non mancano anche diversi cittadini che si appellano al nuovo Vescovo Schillaci di prendere provvedimenti.
Quest’appello è fatto anche da noi: ci dispiace, signor Vescovo Schillaci, doverle chiedere di risolvere un errore fatto da altri e che Lei, purtroppo, eredita nonostante i nostri continui appelli. La domanda che forse tutti dobbiamo porci per comprendere la gravità di quanto sta succedendo a Cerami è questa: può il nuovo arrivato, calato dall’alto dall’ex Vescovo Muratore con un provvedimento dietro un presunto “discernimento”, sovvertire tutto senza neanche avere avuto esperienza di quel contesto? Sarebbe stato molto più elegante (e sicuramente fruttuoso perché magari derivante da un dialogo) far celebrare la festa della Madonna della Lavina come si è sempre fatto e poi, successivamente, sedersi tutti a tavolino e dialogare per il miglioramento di alcuni aspetti. Questo, d’altronde, dovrebbe essere il ruolo della Chiesa se si riempie la bocca della parola “sinodo”: camminare insieme, stare tra la gente e ascoltarla. Non tanto guidarla come si guida una macchina, ma proporre una visione diversa che, tramite il dialogo e l’intrecciare di tesi e antitesi, giunge ad una sintesi che permette di essere realmente “universale”. Altrimenti siamo ancora vittime di quella Chiesa che ha mandato al rogo Giordano Bruno, che ha fatto abiurare Galileo Galilei, che ha distrutto le civiltà (con tutto il loro sapere) precolombiane. La Chiesa dell’Inquisizione arroccata nei suoi palazzi di cristallo. La Chiesa delle contraddizioni efficacemente denunciata da Luigi Tenco nel brano “Cara maestra” quanto canta “Mio buon curato/ Dicevi che la chiesa/ È la casa dei poveri/ Della povera gente/ Però hai rivestito la tua chiesa/ Di tende d’oro e marmi colorati/ Come può adesso un povero che entra/ Sentirsi come fosse a casa sua”. La Chiesa che, nel nostro locale, ha visto la creazione di “gruppetti” selezionati da una che aveva il mandato da parte dell’ex Vescovo, vantandosene pubblicamente in una manifestazione, di stabilire “chi invitare e chi no”, poi corretto con “quanti invitare e quanti no”. Una Chiesa che non ha voluto confrontarsi e che ha portato il dogma dell’infallibilità all’ennesima potenza finendo a ridursi ad una Chiesa inutile, col popolo (quello che ci va, infatti a Cerami già si vedono le prime defezioni) che va a messa solo perché sta scritto nei comandamenti. Una Chiesa che se crede ancora di essere una vecchia corte regale e che può comandare su tutto e tutti, nel III millennio in quella corte son rimasti solo i buffoni. Una Chiesa che, se crede ancora di spaventare qualcuno con le fiamme dell’Inferno se non si inchina al suo volere, si vede risposta “meglio l’Inferno che un Paradiso fatto da Voi”.
Signor Preg.mo Vescovo Schillaci: incontri il popolo di Cerami. Lo accolga come un pastore e cercate insieme una soluzione agli errori che, senza volerlo, sia Lei che quel popolo avete ereditato.
Siete sulla stessa barca… in un mare in tempesta.
Alain Calò

 

Cerami. Sul caso del parroco Agnello lettera della vicesindaco Michela Cavaleri al Vescovo Schillaci

Non si placa lo sdegno popolare che in questi giorni sta interessando la comunità ceramese nei confronti delle azioni di Don Basilio Agnello. Riportiamo a tal proposito un’emblematica lettera che ha voluto scrivere Michela Cavaleri, vicesindaco di Cerami, al Vescovo della Diocesi di Nicosia Giuseppe Schillaci. In questa lettera colma di pathos, la figura istituzionale lascia il posto alla persona umana, alla credente e, ancor prima, ad una persona che ha a cuore la comunità ceramese e la comunità chiesa. Una lettera e uno sfogo che va letto e su cui bisogna riflettere perché getta luce su altri aspetti dell’operato del parroco Agnello a Cerami.

Ecco qui il testo:

“Ho riflettuto a lungo sulla necessità di mettere nero su bianco i pensieri che da qualche settimana continuano a turbinarmi in testa.

Non è facile rivolgere il proprio dispiacere e il proprio cruccio a Sua Eccellenza che certamente ha mille altre cose più importanti da attenzionare, ma l’urgenza non tanto di avere una risposta quanto di trovare un corridoio di sfogo me lo impone.

Da qualche mese la guida della nostra Parrocchia è stata affidata ad un nuovo parroco.

Molte sono le iniziative dallo stesso intraprese.

Tra queste, una tra le più censurabili, a mio parere è una campagna acquisti.

In Chiesa Madre, rinnovata in parte dei suoi interni (lo studio del Parroco e la Sagrestia) pare si sia palesata la necessità di sostituire i banchi su cui siede l’Assemblea.

Questa necessità è stata “presentata” non a tutta la Comunità ma solo ad una parte di essa “contenuta in un elenco” (mi chiedo chi abbia fornito i dati economico-finanziari…l’agenzia delle entrate?) cui il Parroco si è rivolto per finanziare -banco per banco, punto elenco per punto elenco- l’iniziativa.

Una lista di soggetti con possibilità economiche maggiori di altre.

Il resto della Collettività è stato ignorato.

Da che ne ho memoria la Comunità Ceramese -tutta- non si è mai tirata indietro di fronte ad iniziative che afferiscono alla Parrocchia.

Mi chiedo pertanto che necessità c’era di non coinvolgere tutti i Ceramesi.

La campagna acquisti dei banchi si è tradotta in mortificazione di quella parte di fedeli/ parrocchiani che non hanno la possibilità di snocciolare 500€ circa in un’unica soluzione.

L’ urgenza di sostituire i banchi, al punto da non poter coinvolgere tutti i parrocchiani offrendo ad ognuno la possibilità di partecipare secondo la propria disponibilità, è tutta da dimostrare.

Ad oggi i banchi reggono.

Nulla da eccepire a quanti si sono resi disponibili: sono sicura che non lo hanno fatto col solo fine di vedere apposta una targhetta con i loro nomi sul banco ma per puro spirito di partecipazione. Lo hanno fatto invece con spirito di servizio e di carità.

Mi chiedo però, se avremo, alla fine, i banchi dell’élite?!

Mi chiedo se saranno anche con posto assegnato.

Sono indignata, Sua Eccellenza.

A questo, aggiungo che da qualche mese assisto impotente alla disintegrazione di quanto negli anni precedenti, tra mille difficoltà e tante contraddizioni, era stato creato.

Una Comunità.

Un annientamento immotivato.

Tradizioni, gruppi di canto, gruppi di preghiera messi al bando o sostituiti  in nome di un cambiamento e rinnovamento dei quali non sono nemmeno state gettate le basi.

La nostra è una piccola realtà, fatta di cose semplici e dove Sacro e “Profano” -come qualcuno lo etichetta- hanno sempre unito e creato armonia tra le persone e reso più coesa la nostra Comunità.

La Chiesa ha sempre per noi costituito una guida, una luce da seguire.

Ma oggi, in questa Chiesa non ci riconosciamo.

Non mi ci riconosco.

La Chiesa non può dividere.

La Chiesa non può allontanare.

La Chiesa non può seminare vento.

Non sarebbe UNA.

Non sarebbe quella in cui più CREDERE”.