Enna. La politica dei “borghi” non è utile alle “aree interne”

Enna. La politica dei “borghi” non è utile alle “aree interne”
di Massimo Greco

Formatosi il Governo Meloni, a cui seguirà a stretto giro anche quello regionale, bisognerà mettersi a lavorare su una fitta agenda di problemi. Le politiche da promuovere sono inevitabilmente intrecciate, coinvolgendo i tre livelli del federalismo istituzionale (statale, regionale e locale). Se sul fronte statale il primo punto all’ordine del giorno del nuovo governo sarà certamente il “caro bollette”, su quello regionale e locale la questione bollente rimane quella delle “aree interne”. Su 8 mila Comuni italiani, sono 3.800 quelli che risentono di tale problematica, lontani dai centri urbani e in progressivo spopolamento. Durante gli ultimi due governi sono giunte le risorse del PNRR (con il bando sui Borghi), della fase 2 della Strategia nazionale aree interne e della nuova PAC (2023-2027) che investirà sulle infrastrutture informatiche non solo in termini fisici ma anche immateriali come piattaforme per la gestione di banche dati e servizi digitali funzionali alle comunità e alle attività in ambito rurale. Questi utili strumenti vanno però ottimizzati dai territori e non lasciati alla singola iniziativa del Sindaco più illuminato. Come più volte affermato, va recuperato il senso della solidarietà territoriale, della concertazione istituzionale e della progettualità di “area vasta”. In tale contesto, va ridimensionata quella politica competitiva dei borghi che favorisce la discriminazione tra i territori. E’ stato opportunamente opinato che le persone devono poter abitare i luoghi in cui sono nati ed hanno vissuto anche se questi non hanno le caratteristiche del borgo. Esasperando questo ragionamento, ci ritroveremmo a valorizzare dalle nostre parti, ad esempio, Calascibetta, Agira, piuttosto che Assoro, ed emarginare Villarosa perché notoriamente sprovvista delle caratteristiche richieste dalle politiche del borgo. Della serie Calascibetta avrà un futuro perché bella e Villarosa non avrà speranze perché brutta. A ciò andrebbe altresì aggiunto che la politica del “piccolo è bello” mal si concilia con le esigenze ben più strutturate che hanno le nostre “aree interne”, in cui il deficit dei servizi essenziali si estende anche all’infrastrutturazione digitale delle aree montane, ancora oggi sprovviste di ripetitori e fibra. A cosa potrà servirci una città abbandonata dai propri cittadini e vissuta solo da turisti in transito incuriositi da un paesaggio sempre più fotografico?