All’intrallazzata “Don Buttighiuni e gna Padedda” in dialetto troinese raccolta da Basilio Arona il premio nazionale “Salva la tua lingua”

“Don Buttighiuni e gna Padedda” (Don Bottiglione e signora Padella), testo teatrale in dialetto troinese raccolto e trascritto da Basilio Arona, è al terzo posto, tra i primi tre classificati, della graduatoria della sezione teatro inedito del premio nazionale “Salva la tua lingua” per le opere in dialetto, giunto alla decima edizione, bandito nel settembre di quest’anno dall’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia e Autonomie Locali Italiane (ALI) – Lazio. AI primi tre classificati nella sezione teatro inedito e nelle altre sei sezioni (Tullio De Mauro, poesia edita, prosa inedita, poesia inedita, fumetto edito e musica) verranno consegnate le targhe nella cerimonia di premiazione che si svolgerà il 26 gennaio a Roma, nella sala della Promoteca del Campidoglio. Ad ogni premiato verrà offerto dagli organizzatori del premio un soggiorno gratuito di due giorni per due persone. “E’ una ‘intrallazzata di Cannaluvari’, un forma di rappresentazione teatrale popolare di storie dal fitto intreccio su vari argomenti che si recitava a Troina in occasione delle feste carnevalesche”, spiega Arona. Le ‘intrallazzate’ che si rappresentavano tanto tempo fa, ora non se fanno più, erano di tre tipi: sacre profane e carnevalesche. Non furono elaborate e sistemate dagli intellettuali. Erano “intrallazzate” composte dal popolo e per il popolo in dialetto troinese da autori analfabeti e recitate nella parlata troinese da attori analfabeti. E quelli che non sapevano né leggere e né scrivere, erano allora gli appartenenti alle classi subalterne, prevalentemente braccianti, contadini e artigiani poveri. Non conoscevano la lingua nazionale-letteraria colta. Parlavano e comprendevano solo il dialetto. “Eppure, anche il dialetto è una lingua-arte”, scrisse Antonio Gramsci nei “Quaderni dal Carcere”. Tra dialetto e lingua nazionale non c’è alcuna differenza. Il dialetto è una lingua a sé, anche se non ha grande letteratura. Nell’intrallazzata di Cannulavari si narra di uno (Don Buttighiuni) che non se la passa tanto bene perché è povero in canna, ma almeno per carnevale qualcosa da magiare e festeggiare vuole averla. A lavorare per potersela guadagnare, neppure ci pensa.




Gli è venuta in mente una pensata: cercare una moglie che possa procurarle quello che ci vuole per mangiare e festeggiare. Ricorre ad una “messaggera”, una di quelle donne che in paese aiutavano a cercare e sistemare le ragazze da maritare. La ragazza da marito che la messaggera trova, non è proprio una bella ragazza (gna Padedda). I genitori vogliono togliersela dii torno perché è un peso. Don Buttighiuni sa di non poter pretendere a trovar di meglio e si accontenta. I guai cominciano quando viene a mancare il frumento. Don Buttighuini va a chiederlo a un grosso proprietario terriero, disposto a darglielo ad una condizione: deve cedergli la moglie per qualche notte. Gna Padedda non accetta e chiama in aiuto i genitori. Ne parlano in paese. I commenti sono diversi e contrastanti. Da qui l’intreccio, l’intrallazzata, dalla quale don Buttighiuni se n’esce andandosene via dal paese.
Silvano Privitera