Anno nuovo Province nuove?

Anno nuovo Province nuove?

di Massimo Greco


Ci siamo già occupati in passato della riforma degli enti intermedi e lo stiamo facendo anche adesso che il tema è ritornato alla ribalta sia a livello statale che regionale. L’ASAEL ha già messo a lavoro i suoi esperti in materia per formulare una proposta al nuovo Governo regionale ed alla competente Commissione legislativa dell’ARS. E’ evidente che alla tentata riforma degli enti intermedi debba necessariamente seguire una seria e duratura contro-riforma. E di questo sembra essersi convinta anche la Corte Costituzionale che recentemente ha dovuto superare il proprio orientamento espresso in un momento in cui sembrava che le Province dovessero essere chiuse. Ma ad essere più convinti di questa esigenza sono i Comuni ed i territori che, in questi anni, sono stati costretti ad indossare vestiti istituzionali non adeguati alle proprie esigenze. La perversione delle politiche istituzionali degli ultimi lustri ha imposto una configurazione coercitiva dei territori che tanto somiglia al “letto di Procuste”. Il mito parla dei due letti che il brigante e sadico protagonista possedeva, uno molto grande, l’altro molto piccolo. Procuste, una volta catturata la sua vittima, l’adagiava su uno dei due letti. Se la persona era di statura alta lo disponeva sul letto piccolo e lo rendeva delle dimensioni adatte tagliando testa o gambe. Viceversa, se la sfortunata preda, era di bassa statura lo legava al letto più grande smembrandolo nel tentativo di allungarlo. Nei giorni scorsi abbiamo sentito le relazioni di illustri giuristi del mondo accademico, e ne abbiamo fatto tesoro, ma è nostra volontà suggerire analoghe iniziative con esperti del territorio, di sviluppo locale ed economisti, convinti come siamo che le politiche pubbliche devono essere la risposta ad una precisa domanda che proviene dalla comunità e non il contrario.
E’ infatti difficile optare per un modello istituzionale a fini generali, qual’è l’ente territoriale di governo previsto nella Costituzione, piuttosto che per un modello istituzionale associativo e funzionale, qual’è il libero Consorzio comunale previsto nello Statuto siciliano, senza sapere a cosa e a chi servirà. E’ difficile ipotizzare un modello istituzionale senza avere contezza del tipo di funzioni amministrative che lo stesso dovrà esercitare (proprie, fondamentali ecc…) e dei servizi d’interesse sovra comunale e di area vasta che lo stesso dovrà assicurare.
E, ancora, senza tenere conto che ad ogni trasferimento di funzioni dovrà comunque corrispondere un adeguato trasferimento di risorse economico-finanziarie per farvi fronte. Così come è difficile stabilire pregiudizialmente se tale ente sarà rappresentativo della comunità o rappresentativo dei Comuni e, di conseguenza, se gli organi di governo dovranno essere direttamente eletti dai cittadini ovvero costituiti dai Comuni consorziati. A noi sembra evidente che un ente chiamato all’esercizio di importanti funzioni amministrative e ad assicurare essenziali servizi alla propria comunità debba ricevere una legittimazione diretta, viceversa un ente chiamato ad esercitare funzioni soft, quali soli quelle di coordinamento e programmazione o di pura assistenza ai Comuni, possa ricevere una legittimazione indiretta.




Rispetto a questi elementi, la questione delle “aree interne”, le cui dinamiche territoriali assumono inevitabilmente caratteristiche sovra comunali, non può che offrire ulteriori spunti di riflessione al dibattito in corso, tenuto conto altresì dell’esigenza di molti territori della Sicilia – oggi coercitivamente inclusi in contenitori “metropolitani” – di dialogare spontaneamente con altre Città e con altri territori più affini per fattori sociali, culturali, economici ed identitari.