Lettera al Vescovo di Nicosia Giuseppe Schillaci

Signor Vescovo Schillaci,
vorrà perdonare che volutamente non usiamo un “S.E.” o “monsignor”, ma riteniamo, per quel che ci è dato sapere, che anche Lei tiene ben poco ai titoli vuoti, meri contenitori che possono restare vuoti e utilizzati solo come bandierina o riempiti con qualcosa di sostanza. Ed è nella sostanza che vogliamo soffermarci con questa lettera a sorpresa. Da circa un anno la Diocesi di Nicosia ha in Lei il nuovo vescovo e in quest’anno, seppur non c’è mai stata occasione di incontrarci, abbiamo comunque osservato gli umori della popolazione. Ovviamente ben poco conto abbiamo tenuto di quelli che vanno in brodo di giuggiole basta che vedono una tunica, o di quelli che fanno difese d’ufficio perché legati da questo o quell’interesse. La nostra attenzione si è rivolta verso gli strati di popolazione che nell’esperienza precedente venivano sovente da noi a lamentarsi della totale assenza di dialogo da parte del Suo predecessore le cui azioni, a volte anche grottesche (ad essere buoni), comunque, non ci facevano annoiare. A un anno, buona parte di questi strati di popolazione sono rimasti positivamente colpiti dalla Sua persona, la Sua sobrietà e la Sua disponibilità, tanto che molti, conoscendo la nostra posizione fortemente critica nei confronti di una certa Chiesa, ci hanno sempre invitato ad incontrarLa. Ma verrà il tempo. Da parte nostra, ovviamente, il complimento – senza voler cadere nei paragoni – per un cambio di rotta che si percepisce anche senza incontrarla. Finalmente si sente, anche se ancora non proprio a regime, qualche allegra voce provenire dal Seminario, finalmente si vede un Vescovo partecipe assieme alla Comunità degli eventi, anche i più piccoli, della comunità stessa. E, insomma, si è concretizzato quello che abbiamo sempre detto, ovvero che se c’è sostanza, anche gli “avversari” (dove con avversario si può intendere l’anticlericale) riconoscono i meriti. Ma ciò avviene solo attraverso una umile dialettica, senza avere la presunzione di essere a prescindere nel giusto perché dietro ad una croce. Ma c’è una cosa che ci preme particolarmente, ecco perché il nostro scritto, dato che si ritengono i tempi ormai maturi. Il punto più basso della storia della Nostra Diocesi si ebbe nel 2016 con due eventi che resteranno a nostra eterna memoria nel diario delle vergogne. Il primo si ebbe durante la celebrazione del Corpus Domini che cadde in concomitanza con la prima edizione di quella che è una rassegna libraria, fiore all’occhiello della nostra Comunità, libera senza padrini e senza padroni. Alla fine della processione il Suo predecessore definì la manifestazione libraria qualcosa che “ingombrava” la piazza. Il palco doveva essere tutto per lui? È vero che il pensiero dà fastidio, soprattutto quello non allineato, ma qui praticamente siamo arrivati all’assurdo. Ma se pensavamo di aver toccato il fondo, ecco che nel 2016 arriva un’altra perla, di marmo però: il restyling dell’altare della Cattedrale. Ad essere buoni, definirlo set bagno è un complimento. Innumerevoli volte, capitato anche a tanti di noi, entrando in quella magnifica Chiesa che è la Cattedrale, vedendo quell’altare, è scattato un moto di rabbia e di totale disgusto verso quell’accozzaglia che, a veder bene, sembra una vasca da bagno con a destra un lavandino e la Cattedra che, stando a Gaber, andrebbe in fondo a destra, ma per fare qualcosa di diverso è stato posto a sinistra. E mentre ancora ci chiediamo – saremo lenti di comprendonio – quale sia la motivazione della cittadinanza onoraria data al suo predecessore (aldilà di generiche formule che, proprio per la genericità, non dicono nulla e al più potremmo accettare il fatto che tanti altri comuni hanno dato la cittadinanza onoraria ai Vescovi “pensionati”, quindi l’unico merito sarebbe stato quello di andarsene secondo questa logica) chiudendo subito questa riflessione per evitare ulteriori coinvolgimenti di persone “terze” da parte di chi è allergico al libero pensiero, a un anno la richiesta sorge spontanea. Più che una richiesta è una preghiera: intervenga nel togliere quel set bagno dalla Cattedrale per riportare o il primo altare o anche quello precedente che, seppur in chiave moderna, era abbastanza passabile nel contesto della Cattedrale. Nicosia ha subito quell’altare, divenendo esempio del potere, di quello che si autoalimenta attraverso lo scodinzolio di gente senza spina dorsale che fa il danno di far crescere l’ego, mentre l’ego dovrebbe fare un passo indietro. Abbiamo bisogno di cambiare anche qui rotta e dall’esempio del potere passare al potere dell’esempio. L’esempio di una Diocesi non più arroccata a riunioni in cui si può entrare solo su assenso (simpatia) di una persona che ha avuto l’ardire di dire pubblicamente di avere il potere di decidere chi invitare e chi no. L’esempio di una Diocesi non più convinta di avere la verità assoluta tanto da poter dire che i “diversi punti di vista deturpano la bellezza”. Ma una Diocesi, come Lei sta dimostrando, che ascolta e raccoglie, facendo tesoro, i diversi punti di vista che non deturpano ma aiutano nel compimento della bellezza. Anche e soprattutto i punti di vista diversi, antitetici. Perché la bellezza, volendo forzare Hegel, è la sintesi.
Alain Calò