Violenza sulle donne, “figlia del patriarcato”

Al Terzo tempo Irish Sport Pub, nel tardo pomeriggio di domenica, per circa due ore, si è parlato delle origini culturali e sociali della violenza sulle donne. Non è stato come il rito al quale somigliano tante altre iniziative per richiamare l’attenzione sulla condizione femminile che si celebrano l’8 marzo e il 25 novembre, come se fossero degli esercizi obbligatori.

L’associazione Gramsci

L’incontro di domenica, organizzato dall’associazione culturale Antonio Gramsci, pensato come una conversazione tra alcune persone che hanno riflettuto su quest’argomento da angolazioni diverse (sociologiche, psicologiche e letterarie), ha assunto le caratteristiche di un seminario di approfondimento al quale hanno partecipato in tanti, con interventi qualificati, tra quelli che erano venuti solo per ascoltare. Il seminario è stato aperto da Silvano Privitera (sociologo), Marinella Pacino (assistente sociale), Adele Allegra (psicoterapeuta), Grazia Livolsi (insegnante di lettere) e Silvestro Lo Cascio (psicoterapeuta).

La cultura del patriarcato

Si è parlato della violenza sulle donne come una delle manifestazioni della persistente cultura del patriarcato, che rifiuta le rivendicazioni delle donne relazioni paritarie con gli uomini. Le trasformazioni intervenute nella società dalla seconda metà del Novecento, che hanno messo in discussione questa cultura, sono state talmente rapidi da rendere complicato, per taluni uomini, l’accettazione del muovo ruolo rivendicato dalle donne. Uguaglianza formale riconosciuta dagli ordinamenti giuridici della stragrande maggioranza dei paesi, ma che incontra forti resistenze a praticarla nella realtà.

I dati sul femminicidio

Il femminicidio ne è l’esempio più eclatante. In Italia, nel 2023, ci sono stati 103 femminicidi di cui uno, il 20 luglio, si è consumato proprio a Troina. E’ stato un femminicidio annunciato. Ha suscitato una forte commozione in paese, ma per una sorta di malinteso rispetto non c’è stata una discussione pubblica sul triste fenomeno della violenza maschile sulle donne. E’ un segno di estrema debolezza di una comunità che vede diminuire ed invecchiare la sua popolazione di anno in anno anche, tra l’altro, per effetto dell’emigrazione giovanile qualifica.

Quando una donna decide di interrompere la sua relazione con un uomo, questi non sempre l’accetta e reagisce in malo modo. Nell’uomo, che vive la separazione come un abbandono, si innescano dei meccanismi psicologici che lo portano a sopprimere la vita della donna con la quale ha avuto relazione. Dopo gli interventi dei relatori, nella discussione sono intervenuti: Patrizia Galiano, Vitalba Mongelli, Salvatore Amata, Concetta Rundo, Mariella Ruberto e Basilio Arona, arricchendola con le loro riflessioni.