La questione delle Aree interne e la politica degli struzzi

Quanta ipocrisia attorno alla questione delle “aree interne”! Periodicamente c’è qualcuno che, sciorinando dati e statistiche, lancia l’allarme sullo spopolamento dei territori interni e il disinteresse della classe politica. In questi giorni la questione è stata rispolverata perché nel Piano che indirizza la programmazione 2021-2027, ricalibrando la Strategia Nazionale Aree Interne sperimentata tra il 2014 e il 2020 è previsto per alcune aree l’accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile, laddove si riscontri un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita.

La questione delle Aree interne

Già, una sorta di hospice per quei territori che non hanno speranze e che però meritano una fine dignitosa. Un’analisi certamente crudele ma reale, basti solo pensare che in Sicilia la questione
delle aree interne fu oggetto di una mirata legge negli anni ‘80 rimasta del dimenticatoio perché mai finanziata. Oggi si grida allo scandalo puntando il dito sul Governo nazionale, reo di avere con coscienza e volontà deciso di abbandonare le aree interne al loro triste destino. Alcuni hanno pure rispolverato l’art. 3 della Costituzione a tenore del quale “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, omettendo però di evidenziare che la Repubblica non è composta solo dallo Stato ma anche dalle Regioni e dagli Enti locali, tutti chiamati a fare la propria parte per assicurare tale principio costituzionale.

La politica degli struzzi

E, in tale contesto, i Comuni delle nostre aree interne continuano a tenere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, senza mai sperimentare politiche di area vasta anche sul fronte istituzionale. Pur di mantenere issato il gonfalone del proprio campanile ogni Sindaco è disposto a rimanere solo e pazzo nel proprio fortino municipale, ma guai a chiedergli di valutare soluzioni alternative alla lenta, progressiva e certa morte della propria comunità. Perchè, ancora oggi e nonostante l’evidenza di ciò che sta accadendo, i Comuni di Assoro, Nissoria e Leonforte, piuttosto che quelli di Enna, Calascibetta e Villarosa o
quelli di Regalbuto, Catenanuova e Centuripe, non pensano ad una fusione istituzionale al pari di quanto fatto in altre realtà più illuminate presenti in Europa? La verità è che si preferisce mantenere deboli i nostri territori perché così sarà più facile coltivare il motto del Giulio Cesare di turno: “divide et impera”.