Mafia, condannata la cellula di Regalbuto del clan Santapaola
Regalbuto - 22/07/2025
Il gup del Tribunale di Caltanissetta ha emesso le sentenze di condanna nei confronti di 5 persone accusate di fare parte della cosca satellite di Santapaola nel territorio di Regalbuto. Gli imputati, il cui collegio difensivo è composto dagli avvocati Sinuhe Curcuraci e Vito Felici, hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato.
L’operazione Lua Mater
Si tratta di un troncone legato all’operazione Lua Mater, conclusa nel settembre dello scorso anno con l’emissione di una misura cautelare nei confronti di 13 persone ritenute dai magistrati della Dda di Caltanissetta esponenti delle famiglie mafiose di Pietraperzia e Regalbuto, accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, favoreggiamento personale aggravato, detenzione e porto abusivo di armi comuni, clandestine e da guerra.
Le condanne
Il presunto boss, Antonio Arcodia Pignarello, detto Toni, ha rimediato una 17 anni e 2 mesi, mentre il cugino Francesco Arcodia Pignarello dovrà scontare una pena a 5 anni (multa da 6 mila euro). Giuseppe Cantarero è stato condannato a 4 anni e 4 mesi e 1600 euro di multa, 4 anno e 1000 euro di multa per Angelo e Giuseppe Rundo.
Inoltre, i cugini Arcodia Pignarello sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante la pena, gli altri imputati sono stati, invece, interdetti dai pubblici uffici per 5 anni.
Le richieste
Le richieste di condanna avanzate dal pm, al termine della requisitoria, erano state più pesanti: 20 anni per Antonino Arcodia, 7 anni e 4 mesi per il cugino Francesco; 6 anni e 9 mesi per Giuseppe Cantararo, 5 anni e 6 mesi per Angelo Rundo, 7 anni e 2 mesi per Giuseppe Rundo.
Le violenze
Secondo quanto emerso nelle indagini Toni Arcodia Pignarello avrebbe avuto un ruolo egemone e stando ai magistrati di Caltanissetta le violenze fisiche gli avrebbero consentito di imporre la sua legge, incutendo paura e terrore nel territorio al punto che sarebbero diventate leggendarie le spedizioni punitive, tra cui una ai danni di un giovane, colpevole di avere spacciato senza la sua autorizzazione.
Le intercettazioni
Determinanti per l’inchiesta sono state le intercettazioni ed i video che avrebbero svelato la brutalità del gruppo. “Qua devi stare muto, inginocchiati che ti ammazzo. In ginocchio, mettiti in ginocchio” si sente in una conversazione ma si avvertono, nel filmato in possesso della polizia, i rumori degli schiaffi inflitti alla vittima.
L’arsenale in un bar
Nel corso delle indagini, legate alla cellula di Regalbuto, in un magazzino di un bar situato nella piazza centrale di Regalbuto, venne rinvenuto e sequestrato un arsenale composto da armi da guerra e da armi comuni, che il titolare del bar avrebbe detenuto per conto dell’organizzazione mafiosa. In particolare, nel corso di una perquisizione, effettuata dalla Squadra Mobile di Enna e della Squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Leonforte, furono scovate 1 kalashnikov, 3 fucili, 2 pistole semiautomatiche e 1 revolver, con relativo munizionamento da guerra, nonché più di 250 munizioni, comuni e da guerra, di diverso calibro.