Su operazione “Bianca” di contrasto truffe contributi europei, condotta da Guardia Finanza, interviene anche Cgil e Flai provincia di Enna
Troina - 23/09/2022
La Cgil e la Federazione lavoratori agroindustria (Flai) provinciale di Enna si complimentano e ringraziano la Tenenza di Nicosia della Guardia di Finanza per l’operazione condotta in esecuzione delle 13 ordinanze cautelari emesse nel corso delle indagini preliminari nei confronti di 13 persone (7 in carcere tra cui l’ex direttore dell’azienda speciale silvo-pastorale di Troina, un organismo strumentale del Comune di Troina per la gestione dei boschi del demanio comunale, e un’avvocata del Foro di Catania) per i reati di interposizione fittizia, truffa, falso, reimpiego di capitali illeciti, utilizzo di fatture false e violazione del decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità penale delle imprese. Antonio Malaguarnera, segretario generale della Cgil di Enna, e Attilio Casabona, segretario provinciale Flai di Enna, dichiarano che il “il sistema mafioso messo in atto danneggia economicamente l’Unione Europea, ma anche quei tanti lavoratori e le tante aziende agricole che con tanto scrupolo e, soprattutto, onestà, lavorano nel vasto e variegato mondo agricolo”. Per i due sindacalisti della Cgil, “gli arresti sono la dimostrazione che, con il determinato aiuto di chi ha avuto ed ha il coraggio di denunciare, è possibile affermare con forza e determinazione la legalità e la presenza dello Stato in questi territori”. Mantengono uno stretto riserbo al comune di Troina. Non ci sono dichiarazioni del sindaco Fabio Venezia, che revocò, nel corso del suo primo mandato 2013-2018, l’incarico di direttore dell’azienda speciale silvo pastorale, d’intesa con il presidente di allora Walter Giuffrida, alla persona coinvolta nell’operazione condotta dalla Guardia di Finanza. Le voci raccolte negli ambienti vicini al sindaco Venezia fanno pensare alla costituzione di parte civile del comune di Troina nel processo contro le 13 persone coinvolte nell’indagine condotta dalla Guardia di Finanza. Parla invece Giuseppe Antoci, l’ex presidente del Parco dei Nebrodi, che così commenta le 13 ordinanze di custodia cautelare: “Le indagini hanno consentito di acclarare come il metodo fosse sempre quello da tempo da me denunciato, cioè le sistematiche infiltrazioni nel settore dei contributi europei per l’agricoltura”. Antoci spiega inoltre quanto emerso dall’indagine: “gli indagati risultano anche legati da rapporti di parentela o affinità con soggetti già condannati in via definitiva per associazione di stampo mafioso”. Che sui contributi comunitari europei ci avevano messo le mani anche aziende vicine alla mafia dei pascoli, se ne erano colte le avvisaglie già nei primi anni ’90. Me ne parlò il compianto prof. Mario Centorrino durante la cena, dopo la presentazione in un giorno di settembre 1991 a Troina del suo libro “L’economia “cattiva” nel Mezzogiorno”, su mio invito. Alloro ero il segretario della sezione del Partito democratico della Sinistra di Troina e l’invito a Centorrino l’avevo rivolto in questa veste. Centorrino aveva diretto nel 1982 la ricerca sull’area dei Nebrodi su incarico del Consorzio Asi di Messina e della Federazione sindacale unitaria del comprensorio di Patti. I risultati di quella ricerca furono pubblicati dalla casa editrice Giuffrè nel 1983 nel libro dal titolo “Gli squilibri nelle aree interne del Mezzogiorno. La Regione dei Nebrodi”. Dalla ricerca era emerso che i flussi di spesa pubblica che affluivano sull’ area dei Nebrodi contribuivano a creare una sorta di equilibrio di sottosviluppo, che si manifestava nella struttura socio-economica dell’area. Da allora molte cose sono cambiate, ma quell’equilibrio di sottosviluppo è rimasto. Circostanza, questa, che deve fare riflettere sulle politiche verso quest’area basate sulla distribuzione di risorse a sostegno di agricoltura e zootecnia. Non tutte le aziende di allevamento di bestiame che ne hanno beneficiato sono riconducibili alla mafia dei pascoli. Come ricordava Malaguarnera, a beneficiarne ci sono anche aziende agro-zootecniche di imprenditori per bene che con la mafia dei pascoli non hanno nulla a che vedere. Se si vuole fare uscire quest’area nebrodense dall’equilibrio di sottosviluppo in cui è impantana da decenni, piuttosto che dare contributi alle singole aziende agro-zootecniche con procedure non immuni da infiltrazioni mafiose, è necessario utilizzare queste risorse per creare le condizioni di contesto che consentano a queste aziende di innovarsi, crescere e competere sul mercato, senza avere più bisogno di sussidi.
Silvano Privitera
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