L’inchiesta sulle mazzette, indagato l’ex assessore Di Mauro

E’ l’ex assessore regionale ad Energia, acqua e rifiuti Roberto Di Mauro il misterioso ‘mister x’ dell’inchiesta per le mazzette nell’appalto per la nuova rete idrica di Agrigento.

A poche settimane dalle dimissioni dell’esponente autonomista che ha lasciato l’incarico regionale emergono dettagli che portano proprio a lui quale indagato nell’inchiesta agrigentina.

Lo aveva lasciato intendere ma senza mai dirlo apertamente il giornale  Grandangolo Agrigento che ha raccontato per primo l’inchiesta e rivelato la presenza di un misterioso mister x la cui identità veniva tenuta riservata.

L’indagato misterioso e l’ex assessore Roberto Di Mauro

Adesso la notizia non è più un sussurro: il quattordicesimo indagato (5 arrestati fra carcere e domiciliari e 8 indagati già noti) per le mazzette nella città dei templi è proprio l’ex assessore regionale all’Energia Roberto Di Mauro, 69 anni.

L’indiscrezione partita da  Grandangolo Agrigentoha trovato conferme in ambienti giudiziari. A confermare il tutto c’è la notifica dell’avviso di  accertamenti tecnici non ripetibili che è stato notificato anche all’esponente autonomista, insieme ad altre tredici persone. Il provvedimento porta la firma del procuratore della Repubblica di Agrigento Giovanni Di Leo e del sostituto procuratore Rita Barbieri.

Cinque in carcere, tre ai domiciliari

I poliziotti della squadra mobile di Agrigento nei giorni scorsi hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di cinque indagati (due dei quali in carcere e tre ai domiciliari) nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza un giro di appalti truccati in cambio di tangenti. In carcere sono finiti Diego Caramazza, 44 anni, e Luigi Sutera Sardo, 58 anni (ex assessore di Favara ed ex consigliere provinciale), entrambi di Favara. Arresti domiciliari, invece, in un primo tempo per Sebastiano Alesci (ex dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Ravanusa), 67 anni, di Licata, Carmela Moscato, 65 anni e Federica Caramazza, 36 anni, rispettivamente mamma e figlia. Alesci è stato in seguito scarcerato.

Alesci scarcerato per l’intervento del procuratore di Gela

Secondo quanto riportato da Agrigento Notizie, ad intervenire è stato il Procuratore di Gela che ha ritenuto di non chiedere la convalida dell’arresto per mancanza di elementi per la flagranza di reato. La competenza di Gela è sorta perché i soldi trovati nella disponibilità dell’ingegnere di 65 anni, circa 17.500 euro e che per i pm di Agrigento sarebbero la prova di una tangente incassata, sono stati scovati in un’abitazione nel territorio di Butera, nel Nisseno, territorio della Procura di Gela.

Otto indagati nel settore pubblico

Oltre ai cinque arrestati, tutti imprenditori tranne Alesci, ci sono altri 8 indagati fra tecnici e funzionari pubblici. Tra gli appalti “pilotati” figurerebbero i lavori di manutenzione straordinaria della provinciale 19 Salaparuta-Santa Margherita Belice, la riqualificazione e ristrutturazione dello stadio “Dino Liotta” di Licata e il primo stralcio della ristrutturazione e automazione per l’ottimizzazione della rete idrica del Comune di Agrigento, dal valore di oltre 37 milioni di euro.

Per l’appalto di rifacimento della rete idrica di Agrigento sarebbero indagati, Sebastiano Alesci, dirigente dell’Utc di Licata, Giuseppe Capizzi, imprenditore e sindaco di Maletto e Giovanni Campagna, segretario particolare dell’ex assessore regionale Roberto Di Mauro, dimessosi nelle scorse settimane. E adesso anche lo stesso ex assessore Roberto Di Mauro.

Il gruppo dell’appalto per il nuovo acquedotto

In particolare, secondo l’ipotesi della procura di AgrigentoAlesci, sarebbe indagato quale componente della Commissione di gara, per avrebbe attribuito i punteggi alle offerte economiche presentate; Capizzi avrebbe costituito il consorzio di imprese che si è aggiudicato l’appalto senza averne i requisiti; lo stesso Capizzi, unitamente a Campagna e con la mediazione di Di Mauro, avrebbero alterato la procedura omettendo la predisposizione di qualsiasi organizzazione di cantiere in attesa dell’erogazione della prima tranche di finanziamento e a mezzo di subappalti non autorizzati. L’accusa è di concorso, con altri tre, di turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture

La segnalazione dell’anticorruzione

L ‘inchiesta, coordinata dalla procura, scaturisce da alcune segnalazioni dell’Anac, l’autorità anti corruzione, sul “mancato avvio di importanti opere pubbliche, come la rete idrica di Agrigento o il Centro di raccolta dei rifiuti di Ravanusa, opere finanziate per varie decine di milioni di euro”, sottolineano gli inquirenti. Da lì sono partiti gli approfondimenti investigativi attraverso attività tecniche e di acquisizione di atti da fonti aperte.

Sequestrato denaro per 200mila euro

Durante le perquisizioni, sempre secondo quanto reso noto dagli investigatori, oltre ai documenti, ad alcuni imprenditori di Favara, nel loro domicilio e nella sede dell’impresa, è stata trovata una somma di denaro di oltre 200 mila euro che, secondo quanto captato nelle attività di intercettazione, era utilizzata “per compensare in particolare alcuni pubblici ufficiali per i loro servigi”. Costante, secondo la polizia, è stato il ricorso spartitorio ai subappalti non autorizzati. Gli elementi a sostegno dell’ipotesi di reato di corruzione aggravata, secondo quanto ricostruito, avrebbero “tracce evidenti”.