Minacce a due sorelle, condannata intera famiglia di Aidone

Enna. Sono stati condannati a pene detentive di due mesi ed un mese con la sospensione condizionale della pena una coppia di coniugi di Aidone e la loro figlia, resisi responsabili di avere con minacce e insulti reso impossibile la vita di due sorelle di mezz’età, abitanti poco distante da loro. Il giudice monocratico Giovanni Milano ha condannato Emanuele N., 77 anni, la signora Lorenza D. di 72 anni e la figlia Pinuccia N. di 39, difesi dall’avvocato Gaetano Mania. A padre e figlia è stato inflitto un mese ciascuno di reclusione, con la condizionale; mentre per la madre, che in un’occasione avrebbe minacciato con un coltello le due donne, la condanna è stata di due mesi sempre pena sospesa. Secondo le accuse, Emanuele e Lorenza avrebbero minacciato e insultato, assieme, le due donne, costituitesi parte civile, ed assistite dall’avvocato Gaetano Gugliara, fra maggio e novembre del 2007, dicendo loro “Dovete scomparire da questa vostra casa o prima o poi ve la faremo finire brutta”; e dando loro delle “donne di facili costumi”. Lorenza era accusata, da sola, di minacce a mano armata, per una circostanza a ottobre in cui avrebbe usato il coltello, minacciando le due donne di far saltare loro la testa; inoltre le stesse erano continuamente molestate, facendo cadere davanti casa la spazzatura dal terrazzo. Infine la figlia, che vive in Lombardia, era accusata di aver minacciato e insultato telefonicamente le vicine, minacciando di “Stare attente, che appena io, mio marito e i miei fratelli, giungeremo in questo Natale ad Aidone, in una serata di nebbia, vi faremo a pezzettini, tanto siete da sole e non ci sarà nessuno che vi potrà difendere”. Tutto questo avveniva il 3 dicembre del 2007. Il difensore, l’avvocato Mania, in aula, dichiarando che le accuse delle donne errano prive di riscontri, che la telefonata della figlia alle due donne in realtà sarebbe partita da un locale molto distante da dove vive la famiglie. Il giudice ha condannato i tre componenti la famiglia anche al pagamento delle spese processuali, a rifondere le spese sostenute dalla parte civile, ammesse al gratuito patrocinio, e pagare loro un risarcimento danni, da quantificarsi di fronte al tribunale civile, o in sede transattiva.