Cardinale Bagnasco ridesta i cattolici impegnati in politica

“Chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”. Lo ha sottolineato il presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, che continua: “La politica deve interessare i cattolici, e deve entrare nella loro mentalità un’attitudine a ragionare delle questioni politiche senza spaventarsi dei problemi seri che oggi, non troppo diversamente da ieri, sono sul tappeto”.

Il dibattito sul contributo dei cristiani alla politica del Paese ed alle sue istituzioni, come a quelle Europee ed internazionali, trova sempre più spazio e si allarga ogni giorno di più, con la condivisione di una pluralità di soggetti tradizionalmente laici, e non soltanto addetti ai lavori.
Prima il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e poi anche Giuliano Amato, lo hanno sottolineato ed attestato a Rimini, all’ultimo Meeting di CL, e recentemente in occasione della visita a Palermo (1).
Nelle recenti crisi internazionali ed economiche, la posizione che i politici di ispirazione cristiana hanno assunto – con gli opportuni distinguo – è stata addirittura determinante rispetto ad una parte della maggioranza che, al contrario, aveva invece ritenuto di prendere le distanze dalle scelte del Governo, nel maldestro e populistico tentativo di rivendicare un ruolo (invero assai complicato) di partito di “lotta e di governo”.
Si pensi, ad esempio, alla crisi libica in cui, con grande senso di responsabilità il Governo italiano ha dato il suo contributo ed il costo sopportato dal nostro paese per accelerare lì – come anche in tutto il maghreb assetato di partecipazione e di democrazia – il processo di pace, non è stato irrilevante ed è stato possibile anche grazie al sostegno ed all’apporto dei cattolici impegnati in politica.
Per non parlare poi della gravissima crisi economica internazionale e la irrequietezza dei mercati finanziari, che in Italia hanno prodotto non pochi effetti negativi sia sul PIL che sui conti pubblici e che hanno costretto il Governo a predisporre – nell’arco di poche settimane – ben quattro manovre economiche, tutte (astrattamente) finalizzate all’azzeramento del deficit ed al contenimento del debito pubblico, senza tuttavia che in nessuna delle numerose proposte vi sia un chiaro segnale di profondo cambiamento in termini di riforme e di crescita, che la gravità del momento imporrebbe.
Ed a ciò si aggiunga che proprio in questi giorni siamo costretti ad assistere ad una assurda bagarre tutta interna al Governo dove, tra contraddizioni e confusione di ogni sorta, per lo più alimentate sempre da quella parte politica di “lotta e di governo”, l’unico elemento oggettivo è dato dalla grande debolezza di una maggioranza che non sa (o non vuole) affrontare la delicatissima situazione.
L’abnormità dell’evasione fiscale da primato mondiale che caratterizza il nostro paese, unita alla consequenziale pressione su chi invece le imposte non può evaderle, pone la improcrastinabile necessità di doverosi sistemi di controllo e di contemporanei sostanziosi tagli ai costi della politica, un rigore maggiore nella spesa pubblica, una maggiore produttività del pubblico impiego, una radicale azione sugli sprechi, sulla corruzione e sulle inefficienza, che pongono il nostro paese ai primi posti tra quelli OCSE.
Ma l’elemento maggiormente indicativo del “gradimento” che nel Paese ha questo Governo è la netta contrarietà di tutte le parti sociali rispetto alle ipotesi di manovra economica fin qui proposte dalla maggioranza senza, tuttavia, che in nessuna di esse si intraveda alcuna concreta riforma tanto necessaria quanto indispensabile in momenti di grave crisi come quella degli ultimi mesi.
Poco in merito alla previdenza, ai costi della politica ed alla architettura istituzionale, alle liberalizzazioni, agli investimenti infrastrutturali, all’attenuazione di un divario sempre più marcato tra Nord e Sud, ancora denunciato, sul Giornale di Sicilia, dal Sen.Giampiero D’Alia (1) e da Sergio D’Antoni.
Gli enti locali tutti, grandi o piccoli che siano, tra mille proteste annunciano il rischio di falcidia dei loro bilanci. Dovranno riprogrammare la spesa, operando tutti i risparmi che il momento richiede, utilizzando al massimo le risorse umane, culturali e naturali disponibili, associando alcuni servizi, costituendo e potenziando le Unioni dei comuni, sviluppando la sussidiarietà, riconoscendo le potenzialità del volontariato.
Le associazioni datoriali, a partire dalla Confindustria, lamentano tutte la sostanziale inefficacia della manovra proposta dal Governo per la evidente mancanza di qualsivoglia indirizzo mirante alla ripresa dell’economia, a partire dalle liberalizzazione e dagli investimenti pubblici, passando per i costi della politica e l’inasprimento della pressione fiscale, senza alcuna concreta azione di sostegno alle imprese.
I sindacati lamentano l’iniquità della manovra che colpirebbe i soliti noti, al punto da indurre la CGIL allo sciopero generale, malgrado il faticoso percorso dei mesi scorsi di riunificazione con le altre sigle.
La CGIL, nel tentativo di rendere più evidente la sua funzione di rappresentanza del disagio delle categorie che difende – in una dialettica che è motore della storia civile di un paese democratico – commette un grave errore se rifiuta il confronto con quei partiti che sono sempre stati dalla sua parte. Uno sciopero di una sola parte sembra sancire, ancora una volta, che l’unità dei lavoratori resta un traguardo temporaneo ma non continuo, prospettico, decisivo per il Paese.
Il presidente della Repubblica lo ha ricordato durante le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia e nei suoi incontri con le Istituzioni e l’associazionismo.
I politici che hanno scelto, nelle scorse settimane, le pagine di Avvenire per confermare il loro disagio negli attuali contenitori partitici in cui operano, confermano la opportunità di sperimentare momenti unitari a servizio del bene comune ed a tal riguardo sono stati tra i primi ad accogliere le suggestioni del direttore di “Avvenire” e le provocazioni e gli inviti di Paola Binetti, Buttiglione, e del segretario generale della Cei, Mariano Crociata, nei recenti incontri romani (3).
Ora il dibattito è costretto ad allargarsi, ad uscire dai binari degli addetti ai lavori parlamentari, e non solo per l’attenzione ai provvedimenti economici che il Parlamento si appresta a discutere ed approvare. Deve essere esteso agli intellettuali cattolici, meno refrattari, negli ultimi anni, con larga parte del mondo associativo ecclesiale, ad occuparsi della politica. E segnali di ravvedimento si percepiscono nelle Consulte delle aggregazioni laicali.(3)
I centomila ragazzi d’Italia, che sono andati a Madrid ad incontrare Benedetto XVI, solidarizzando con i giovani di tutto il mondo, sono apparsi desiderosi di offrire, per la ricchezza della fede professata, il loro contributo alla causa comune della pace, del lavoro, della sicurezza, della famiglia. Sollecitano ed esigono nei politici riferimenti trasparenti, testimonianze e proposte responsabili e indilazionabili per credere nel servizio che la politica può e deve offrire al Paese ed al loro futuro.
Ed infine il Cardinale Bagnasco, presidente della CEI, che non si è voluto risparmiare, della cui attenzione per le sorti dell’Italia (nell’Italia) dei giovani, dei disoccupati, dei poveri, della sua società, che rischiano di rendere vano il processo unitario nel 150° dell’unità evidenziando il divari persistente tra Nord e Sud.
Quella del Cardinale è ora una chiamata pubblica al laicato per i bisogni della società italiana, nell’ora e nelle difficoltà che attraversa la politica, verso la quale non servono manifestazioni di disgusto, di protesta, di amarezza, come ha sottolineato De Rita nelle sue recenti ricerche.
Nel Paese, senza visibili Padri politici e cultura del bene comune, l’appello di Bagnasco suona come una doverosa mobilitazione, senza se e senza ma, pronta e riflessiva, responsabile e propositiva come sempre deve essere l’approccio del cristiano verso gli altri, la comunità, il territorio, la patria, i bisogni dell’uomo, delle famiglie, dei deboli.
L’evento della gioventù mondiale, accorsa a Madrid ad ascoltare Benedetto XVI, ci ha ricordato altre risposte generose alle chiamate in Italia dei giovani, in momenti difficili della storia per il Paese, ci ha riportato ai “Baschi verdi” di Carretto e di Gedda. Ed alle vittorie affidate alla mobilitazione del mondo cattolico con l’impulso dei Comitati Civici.
Allora quei giovani trovarono un contenitore quale riferimento alto per la politica della nascente democrazia.
Poi, come in tutti i momenti storici e alcuni decenni di politica responsabile, per la ricostruzione e la crescita economica del Paese, le aggregazioni partitiche subirono il logoramento del potere mentre la stabilità dei rapporti Stato-Chiesa, con i vigenti concordati, portò ad una crescente disaffezione dalla politica, ad una successiva deflagrazione dei partiti storici, fino alla quasi inconsistenza della presenza dei laici cattolici, alla loro insignificanza, al loro assorbimento nella maggioranza monocratica di Berlusconi o nella polioligarchia della sinistra di D’Alema, Bersani, Bindi, Di Pietro, Bertinotti.
Ed ora inseguiamo il Terzo Polo, che con l’attuale legislazione elettorale – e fintantoché non verrà modificata – non smobilita le consolidate, comode e redditizie posizioni esistenziali, complessate dalla paura nei partiti rifugio.
Questa esigenza di strumentale copertura politica, senza miracolose svolte in vista, pur nelle prese di posizione responsabili ed autonome di forze di opposizione, annebbia i riferimenti ideali che pure aleggiano nei coraggiosi fondatori.
E comunque, il Terzo Polo, nella sua provvisorietà, dettata anche dalle imminenti e sempre minacciate scadenze elettorali, resta la risorsa politica-partitica che ha mostrato senso di responsabilità, che ha evitato la capricciosa smemorata cancellazione della storia gloriosa dei cattolici al governo del Paese, del miracolo economico, della scelta europea, della pacificazione interna e della posizione internazionale dignitosa dell’Italia e non solo del suo “made”, rivendicando con ostinata caparbietà quel patrimonio valoriale che ha rappresentato e rappresenta la vera essenza della tradizione socio-politica del nostro Paese e che ne garantisce la continuità anche attraverso l’identificazione che in essa gli Italiani, sia del Nord che del Sud, ritrovano.
La situazione internazionale ed i condizionamenti dell’Unione Europea non rendono, comunque, significative, prospettiche o risolutive le iniziative intraprese, che vanno comunque incoraggiate, per le frammentazioni dei politici italiani, che si rifanno alla Dottrina sociale della Chiesa e che, nel loro dna, mantengono ispirazione etica, ideale, civile, e nobili motivazioni attorno a valori sociali e culturali religiosi, liberali, necessari alla società per uscire dalla crisi economica ed etica che l’attraversa.
Merlo, uno dei giovani discepoli di Carlo Donat Cattin e di Guido Bodrato, sulle colonne di Avvenire ha lucidamente ipotizzato la necessità, da parte di tutti coloro che si identificano intorno al patrimonio culturale dei valori sociali e culturali cattolici, di avviare concretamente un processo di aggregazione attorno ai riferimenti del Partito Popolare Europeo.
Senza voler minimamente strumentalizzare la gioventù della GMG di Madrid, o il popolo C.L di Rimini, o i Movimenti per l’Unità Politica, o i messaggi delle Università cattoliche, o i fermenti delle Aggregazioni laicali del Paese, o le attese del Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, è opportuno che i laici cattolici, sulla scia dell’insegnamento sturziano, senza esporre più del necessario la gerarchia ecclesiastica, abbiano il dovere di corrispondere alle sufficienti preoccupazioni ed agli appelli di Bagnasco. E di ringraziarlo per l’audacia ed il tempismo dei suoi interventi e in ultimo per la sua omelia nella cattedrale di Ancona .(4)
Ci attende quel passo avanti, per percorrere uniti le vie del servizio al Paese
E’ “insieme”-che si percorrono le vie del servizio ,afferma il cardinale Bagnasco,-se non si vuole essere velleitari ancorché generosi: “insieme”senza avventure solitarie, per essere significativi ed efficaci:”insieme secondo le forme storicamente possibili,con realismo e senza ingenuità o illusioni,facendo tesoro degli insegnamenti della storia”.
Il laicato cattolico, i movimenti, l’associazionismo del volontariato, i partiti che si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa, i politici presenti nelle istituzioni, impegnati sul finire dell’estate in convegni e dibattiti a Senigallia (MCL e Retinopere), a Chianciano (UDC), a Camaldoli sui temi del lavoro, della crisi economia, delle riforme, della crescita, hanno di chè meditare.
E forse non basta l’impegno trasversale, recentemente ancora suggerito da qualcuno assunto a nuova carica apicale di un partito, che tanto fa sperare e sognare gli Italiani, per ricomporre a servizio del paese quanti dalla opposizione e dalla maggioranza, non ideologizzata, avvertano che c‘è qualcosa di più per cui occorra osare, oggi, nel panorama italiano, nel richiedere intese e progetti di bene comune, a livello europeo.
Si guardi all’esempio della Germania il cui Governo ha saputo trovare le giuste sintesi per intese di carattere eccezionale a difesa dell’economia del loro paese, e non solo.
Lo sdoganameto delle forze politiche italiane è ormai superato. Resistono nicchie di apriorismi ideologici radicali nel mondo politico, sordi alla storia ed alla testimonianza dei cattolici frutto di preconcetti liberticidi, di mode concessive di libertà egoistiche che non tengono conto degli altri, che contrastano la visione cristiana dei problemi della società, della persona umana, della sua famiglia naturale, della sua vocazione solidaristica.
Ed in democrazia ci sono priorità da tenere presente: quando la casa brucia, non si deve chiedere con quale acqua dovrà spegnersi l’incendio, bisogna rapidamente spegnerlo e poi pensare a come e con chi riparare i danni.
De Gasperi, agli albori della Repubblica, seppe dialogare e governare con Togliatti e salvò l’Italia, il partito socialista e quello comunista, predisponendoli ad un crescendo di autonomia democratica rispetto ai riferimenti totalitari di oltre cortina. Una lezione che Moro fece propria e che gli costò la vita proprio per avere troppo osato per il bene del Paese.
Ma, come ci ha insegnato la storia recente, la paura di perdere la vita per il bene comune è, ahimé, una prerogativa degli eroi civili, degli uomini giusti, dei politici onesti e coerenti.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è venuto a Palermo anche per ricordarli (6).
Gli esprimiamo la nostra, quasi silenziosa, gratitudine.
Nelle sue parole, nell’intervento alla Società siciliana di Storia Patria di Palermo, nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, abbiamo sentito l’eco delle preoccupazioni dei vescovi nel documento recente sul Mezzogiorno (5) e la chiamata alla corresponsabilità dei cattolici, nell’ora presente (4).
“Se oggi, dopo un’indispensabile e urgente manovra finanziaria, si pongono i temi della crescita -ha ricordato il Presidente – non posso che ribadire che l’Italia può tornare a crescere intensamente e stabilmente solo crescendo Nord e Sud insieme, e solo mettendo a frutto le risorse potenziali della Sicilia e Mezzogiorno,che sono la migliore carta per guardare con fiducia al futuro” (6).
I partiti ed i sindacati, anche dopo lo sciopero di una sola parte, ritrovino e recuperino margini di solidarietà e di azioni convergenti che sono da valutare positivamente. Il rilancio dello sviluppo, dell’occupazione, del recupero di produttività e di competitività, sono nella loro agenda unitamente alle conquiste sociali e previdenziali testimonianza di una maturità compositiva. Un gesto unitario ed un contributo anche parziale al Governo da parte delle proposte dei sindacati e dei politici cattolici, sensibili alle forze sociali, potrebbe esser più utile al Paese ed al sindacato per le battaglie che si dovranno, presumibilmente, affrontare per contribuire alla crescita necessaria a superare la lunga crisi che ci troviamo a vivere.

Ferdinando Russo
onnandorusso@libero.it


1) F.Russo, Amore amaro in Sicilia, in www.vivienna.it, in www.facebook.com alla voce Ferdinando Russo, 8 settembre
2) F.Russo, Ferdinando Russo e Mariano Crociata in www.google.it
3) F.Russo Il cammino dell’associazionismo laicale delle CRAL in www.cdal-monreale.it ed in www.google alla voce Ferdinando Russo ed il laicato
4) M.Muolo, E’ l’uomo la bussola per le scelte, Il presidente della Cei Bagnasco. in Avvenire del 10 settembre 2011
5) CEI, il documento dei Vescovi sul Mezzogiorno,vedi www.cdal-monreale.it (3)
6) A.Turrisi, Napolitano: la crescita, tema drammatico – Il presidente: ”Manovra necessaria e urgente. Ora serve un’alleanza Nord-Sud per ripartire” in Avvenire 10 settembtre 2011.