Riflessioni laiche: DIO

Nel catechismo che qualche anno fa andava mandato giù a memoria senza capirne una parola, la filastrocca era: “Chi è Dio? Dio è l’essere perfettissimo creatore del cielo e della terra”. Poi si continuava con titoli di onnipotente, onnipresente e tutti gli altri “onni“ che vi possono venire in mente. Non ci voleva molto a comprendere che a furia di dare ad un’entità tutte le perfezioni e onnipotenze che potevamo immaginare si sarebbe finiti nella contraddizione: e infatti nei Simpson dove, aldilà del cartone, si trattano temi di un certo peso, viene servita con leggerezza una domanda che prende a picconate quel catechismo “Può scaldare un supplì al punto tale da non poterlo mangiare?” Incominciate a dare una risposta e vediamo fino a quanto riuscite ad ingarbugliarvi. Ma aldilà del cartone, questa storia di costruirci un Dio a tavolino era già stata praticamente distrutta da quando dinnanzi al sic et simpliciter di Anselmo d’Aosta che argomentava il fatto che Dio esistesse solo perché era perfettissimo e come può una cosa perfettissima mancare di esistenza, gli rispondeva diversi secoli dopo Kant (che credeva comunque in Dio) con la celebre immagine dei 100 talleri dicendo che se immagino di avere 100 talleri (moneta del tempo) in tasca non è detto che alla fine io li abbia davvero (altrimenti avremmo anche già risolto il problema delle bollette salate!). E Feuerbach fu molto più radicale affermando che alla fine il Dio che noi imploriamo e preghiamo altro non è che una costruzione artificiale dell’Uomo che ha esternato le proprie virtù e le ha aumentate fino all’ennesima potenza riversandole in una figura trascendente. Insomma: ce lo siamo costruiti a tavolino. Ad oggi non abbiamo una prova né dell’esistenza né dell’inesistenza di Dio, che sembra ormai essere usato come jolly per spiegare quello che ad oggi non riusciamo ancora a comprendere. E se un domani riuscissimo a provare che non esiste Dio?
Portiamo un esempio di un qualcosa di simile che, per certi versi, è già accaduto. La festa del Corpus Domini, festa importante e sentita nel panorama cattolico con solenni processioni, potrebbe essere nata praticamente a causa di una bufala (o comunque dell’ignoranza dell’epoca). Infatti, tale festa, istituita nel XIII secolo, ha nel proprio DNA un presunto miracolo, noto come “Miracolo di Bolsena”, che vide un sacerdote Boemo ritrovarsi tra le mani durante la celebrazione eucaristica un’ostia sanguinante. Oggi la scienza ci dice che esiste un batterio molto comune che si chiama Serratia marcescens che produce su pani e focacce un pigmento rosso molto simile al sangue vivo. Miracolo smontato? Ovviamente dopo 700 anni è difficile andare a recuperare il tutto ma si comprenderà come nel Medioevo, dove facevano da padrone bigotti e creduloni, vedere del rosso improvvisamente formarsi su un’ostia o anche sul pane domestico avrebbe fatto gridare a tutti “Miracolo!”.
Spesso è proprio il cosiddetto “miracolo” a essere argomentazione per l’esistenza di Dio. Ma che cosa sarebbe un miracolo? Qualcuno potrebbe rispondere che è un qualcosa che avviene in maniera più unica che rara, quindi praticamente un fattore probabilistico con una percentuale praticamente infinitesima. Ma proviamo a prendere un mazzo di carte siciliane e immischiamolo per poi girare ad una ad una le carte. Che probabilità c’è, immischiando nuovamente le carte, di ritrovare la stessa combinazione? Molto ma molto piccola. È anche questo un “miracolo”? Spinoza, un altro filosofo che comunque credeva in Dio, ha dedicato parte della sua opera a confutare i miracoli che ci vengono tramandati con prove scientifiche. E tutto ciò serve a farci capire una cosa: il Dio con la barba lunga bianca e anziano ecc. ecc. non esiste e bisognerebbe rivedere la figura di Dio alla luce del fatto che se neanche riusciamo a comprendere il mondo sensibile che ci circonda come dovremmo riuscire a concepire il mondo trascendente? Un esempio terra terra per capire come non comprendiamo neanche il nostro mondo: il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che di una particella non si può conoscere allo stesso tempo la velocità e la posizione. Come? Vi domanderete voi giustamente pensando al moto di una macchina che ben si conosce, anche mediante il Gps, sia nella posizione che nella velocità (che, d’altronde, sono fisicamente collegate assieme al tempo). Eppure nel mondo molto piccolo, che solo adesso stiamo cominciando a conoscere, le cose vanno ben diversamente valendo questo principio e altri ancora più strani. E peggioriamo la situazione: l’Universo è formato da materia oscura e energia oscura che, a recenti calcoli, occupano la stragrande maggioranza di tutta la materia e l’energia. In parole povere, nonostante tutte le nostre conoscenze (abbiamo provato a smontare il miracolo di Bolsena), non conosciamo praticamente nulla del mondo che ci circonda. E come dovremmo riuscire a conoscere Dio? L’unica cosa che funziona, anche seppur molto puerile, è solo la scommessa di Pascal che alla fine a noi non costa nulla credere e se alla fine abbiamo fatto il salto nel vuoto della fede ed esiste qualcosa possiamo solo esserne soddisfatti. Ma a noi piace molto più pensare che alla fine se Dio esiste è qualcosa talmente grande che nulla gli importerebbe se ci crediamo o meno. E se alla fine l’aver posto Dio come credo è servito a creare una società più giusta, senza assassinii, senza furti, e con un certo grado di moralità che magari non ci sarebbe stata con lo spauracchio del castigo eterno, quello forse sì che è stato il vero miracolo inspiegabile e vale la pena credere in un Dio (che di certo avrà ben poco a che vedere con tutti i vari Dei creati dalle varie religioni, comprese la nostra).
Alain Calò