Fallimento EnnaEuno, la curatela bussa ai Comuni

Tutti i Comuni della provincia di Enna sono chiamati a ripianare le perdite conseguite dalla società d’ambito EnnaEuno negli esercizi 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016. Lo ha deciso la curatela fallimentare della società che si è occupata della gestione integrata del servizio rifiuti in provincia di Enna e che ha depositato presso la segreteria della Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Palermo/Enna la domanda di arbitrato. Richieste stratosferiche che, qualora confermate, metterebbero in crisi finanziaria i Comuni, alcuni dei quali sono già in deliberata sofferenza.

La norma

Al netto della fondatezza di tale richiesta che sarà vagliata dagli organi di giustizia a ciò preposti, ci sembra utile qui evidenziare l’art. 14, comma 6, del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica approvato con il d.lgs. n. 175/2016 a tenor del quale “Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita”.

La sanzione per i Comuni

La ratio della disposizione finale attiene ad una fase successiva al monitoraggio ed alla prevenzione delle crisi aziendali ed è, segnatamente, quella di obbligare l’ente locale a ricorrere al mercato una volta che si sia verificato un “fallimento dell’intervento pubblico”, inibendo la possibilità stessa di costituire o mantenere partecipazioni societarie operanti nell’ambito dell’intervenuta dichiarazione di fallimento della società a controllo pubblico già titolare di affidamento diretto.

Stop agli affidamenti in house

In definitiva, il “fallimento” dell’intervento pubblico è “sanzionato” con l’obbligo di ricorrere al mercato. L’amministrazione pubblica non potrà più assumere (almeno per cinque anni) l’organizzazione e la gestione del servizio attraverso la partecipazione a una società c.d. in house; dovrà, pertanto, ricorrere al mercato, avendo cura di esercitare le imprescindibili istanze di governance ossia di coltivare gli interessi pubblici sottesi al servizio esternalizzato attraverso l’esercizio del controllo c.d. contrattuale sull’attività
affidata e sul servizio erogato dal soggetto esterno affidatario. Sarebbe interessante sapere come si stiano tutelando quei Comuni che hanno costituito società in house per la gestione autonoma del medesimo servizio pubblico a rilevanza economica.

Massimo Greco