Liberi consorzi: devono basarsi su sussidiarietà, accesso e gestione collettiva dei beni comuni

hakim bay“La cultura radicale che emergerà nel prossimo futuro si concentrerà sui valori e sulle esperienze dei cacciatori, dei raccoglitori, dei giardinieri e dei liberi contadini nelle «zone escluse», destinate all’incuria o al semplice esproprio da parte del Capitale. Questa cultura coinvolgerà un forte movimento…..contaminerà le persone che desiderano resistere al Capitale in tutto il mondo, compresi molti dei veri produttori, cioè l’ex «classe lavoratrice», oltre a tutti gli emarginati, i militanti orfani, i piccoli agricoltori, gli ambientalisti, la gioventù disincantata”.
             HAKIM BEY

Peter Lamborn Wilson, nato New York nel 1945, scrittore e padre ideologico degli hackers, più noto con lo pseudonimo di Hakim Bey, è uno dei maggiori esponenti della controcultura americana degli anni Ottanta, si autodefinsice “anarchico-ontologico” ed è noto soprattutto per avere teorizzato le “Taz” o Zone di autonomia temporanea. Alla base del pensiero di Hakim Bey, a ben guardare, si trova un semplice principio: il riappropriarsi di ciò che dovrebbe essere di tutti, quindi la terra, la selvaggina, l’acqua in quelle che definisce “zone escluse” destinate all’abbandono. La deriva verso la quale rischiano di andare l’Italia e, soprattutto, le sue aree più marginali, i territori interni già poveri di infrastrutture e ad economia in costante recessione, è quella di un progressivo depauperamento di beni e servizi e di un conseguente impoverimento. Si tagliano tribunali, ospedali, uffici, presidi di forze dell’ordine, con un sistema a cascata e si impoverisce il territorio e più il territorio si impoverisce più si spopola e più si spopola, più si taglieranno servizi e si ridurranno le spese per gli investimenti in infrastrutture. “Il principio del domino”, caduta la prima tessera seguono tutte le altre. Le teorie di Hakim Bay negli anni ’80 del secolo scorso erano “di nicchia”, ma la crisi economica mondiale sta contribuendo a diffonderle, insieme a quelle che contrastano il sistema economico attuale che sta affamando le masse a scapito di ristretti gruppi finanziari transnazionali. Il sistema che decide delle politiche di singoli Paesi, non più sovrani e ne designa anche i Governi o determina le loro decisioni politiche ed economiche. Un sistema il cui meccanismo, si pensava, interessava poco le singole realtà locali. Ingenuo e miope pensiero, dato che oggi proprio le aree interne  stanno toccando con mano cosa vuol dire vivere in “zone destinate all’incuria”. Un brusco risveglio per comunità che hanno beatamente vissuto un “dorato sogno di benessere”. La realtà è che il mondo sta cambiando, anzi è già cambiato e che come nel resto del mondo si tratta di resistere e andare avanti o soccombere. Ma se si sceglie di resistere serve consapevolezza, serve conoscere la propria storia e le proprie tradizioni e ripartire da queste. E serve conoscere la nostra Costituzione e le prerogative che questa riconosce ai cittadini. A chi trovasse le teorie di Hakim Bey “eccessive” va ricordato che anche il “nostro” Stefano Rodotà, stefano rodotàcertamente non anarchico, affronta sia pure con un approccio culturalmente diverso la questione della spoliazione di territori e diritti fondamentali. “La legge di stabilità non è solo una polveriera economica – scrive Rodotà – ha fatto affiorare vizi culturali profondi che toccano il ruolo sociale dei beni, i limiti della discrezionalità politica e il modo stesso di intendere la vita delle persone… è in corso una discussione sul tema dei beni comuni”. Sono quei beni comuni che progressivamente vengono sottratti ai cittadini, cominciando proprio dalle aree marginali, benché quei cittadini siano sottoposti ad una pressione fiscale insostenibile in cambio della quale non ottengono neanche il diritto alla mobilità, perchè strade e collegamenti sono sempre più precari; alla salute, perché chiudono gli ospedali e si riducono le prestazioni sanitarie: quello allo studio perché famiglie più povere non sono in grado di mandare i figli in università sempre più costose; quello al lavoro perché l’impoverimento determina la morte di aziende e attività produttive. L’elenco è molto lungo ma se si decide di non arrendersi bisogna organizzarsi consapevolmente. L’articolo 118 della Costituzione identifica il principio di “sussidiarietà” che, letteralmente, significa portare aiuto. Dice l’articolo 118: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. I cittadini, singolarmente o in forma associata, possono svolgere tutte quelle attività destinate a perseguire o tutelare l’interesse generale della collettività e, in questi casi, debbono essere favoriti o aiutati dalle istituzioni, appunto Stato Regione, Comuni e, bisogna ora aggiungere, Liberi consorzi di Comuni. Un esempio è l’iniziativa di un cittadino nicosiano, l’artista e scultore Antonio Amoruso, che ha donato oltre 100 alberi alla città e che ha proposto al Comune due giornate dedicata agli alberi, ma anche ad un mestiere quale quello del potatore e giardiniere che si sta perdendo e che, invece, facendo parte di una antichissima tradizione deve essere recuperato e può rappresentare una possibilità di lavoro, ma è anche l’iniziativa del Comune di Capizzi di dare gratuitamente ai cittadini che ne hanno fatto richiesta, la legna raccolta dal taglio e pulizia dei boschi. Ci sono poi iniziative per fronteggiare la crisi economica e la mancanza di soldi, come i “Gas” o gruppi di acquisto solidale, dove insieme si comprano all’ingrosso prodotti alimentari e generi vari e poi si dividono tra i componenti del gruppo, che solitamente è costituito da nuclei familiari o da vicini di casa. Inoltre per tornare elionor ostromad Hakim Bay o, per chi trovasse un ideologo anarchico un po’ duro da digerire, per applicare le teorie di Elionor Ostrom, premio Nobel per l’Economia nel 2009 per lo sviluppo della teoria dei beni comuni, il bene comune fondamentale è la gestione “utile” di ciò che serve alla comunità che deve imparare a pretendere che tale gestione sia “economica” perché produce benessere senza sperequare risorse e senza disperdere potere economico al di fuori della Comunità: Local invece di Global. In tutte le megalopoli ma anche nelle piccole città stanno nascendo gli “orti urbani” su aree spesso degradate ed abbandonate, messe a disposizione dai Comuni, dove i gruppi di cittadini che li ottengono in assegnazione lavorano a turno, quando possono e poi dividono il raccolto, beneficiando così di questo ma anche di un angolo della città sottratto alla spazzatura o alle erbacce. Sussidiarietà, accesso al bene pubblico e gestione collettiva dei beni comuni, sono i temi sui quali questa città deve discutere, da subito, per non morire, e se ne deve discutere come base fondante dei Liberi consorzi. Ecco perchè diviene necessario che le nuove aggregazioni territoriali siano individuate sulla base di affinità culturali, economiche, ambientali, perche hanno in comune quei beni di tutti e quindi divisibili liberi consorzifra tutti. I territori con i loro cittadini  amministratori sodo dinanzi ad una scelta cruciale per il futuro, che non può e non deve passare solo per l’accordo politico. E’ Il “treno che passa solo una volta” e bisogna salirci con un bagaglio che contiene l’Articolo 118 della Costituzione ed il concetto di gestione dei beni Comuni come beni della collettività. Bisogna partire da questo, dallo scambio reciproco che i Comuni possono attivare in una rete solidaristica finalizzata alla qualità della vita dei cittadini, se si vuol fare dei Liberi consorzi un nuovo e più umano strumento di gestione del territorio e della “cosa pubblica” che deve essere intesa come il bene primario, quello che abbiamo ereditato, dobbiamo curare e migliorare e che deve essere consegnato a chi verrà dopo di noi. Ai Liberi consorzi va applicata la teoria economica della Ostrom e questi devono nascere già finalizzati  alla “gestione utile ed economica” dei beni comuni.

Giulia Martorana

Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli. (Proverbio Masai)

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